Aveva cominciato Platone ne La Repubblica. Aveva continuato il maestro anonimo (oggi si dice Leon Battista Alberti) con la tavola di Urbino. Ma anche in filosofia, Tommaso Campanella e Thomas Moore s'eran dati da fare con le loro Città del Sole e Utopia.
C'era stata la megalomania di Pio II (Corsignano diventa Pienza), senza contare i progetti del Filarete, i disegni di Leonardo (resta solo la piazza di Vigevano) per una Sforzinda che doveva solleticare la vanità di Ludovico Sforza.
Erano sorte le belle Palmanova e Sabbioneta, ma tutte con scopo militardifensivistico.
Un altro affascinante esempio è - in piccolo - costituito da Prato della Valle, a Padova. I fourieristi le loro città ideali le avevano costruite negli States e un ultimo esempio è il familistero di Godin nel dipartimento dell'Ain (città-industria alla maniera di France-ville di verniana memoria). I quadri del Perugino prima e di Raffaello poi (Lo sposalizio della vergine). La cattedrale di Sibenik.
Le città mussoliniane (laziali e non) nel periodo dell'architettura e urbanistica razionalista (l'unica che nel '900 l'Italia ha "esportato") e quelle brasiliane e indiane tra il '50 e il '60.
La dolce follia solipsistica di Tommaso Buzzi a Scarzuola (Umbria).
E ne avrei da citare, ché ho tenuto un corso semestrale sull'argomento, lo scorso anno (ricordarsi di scriverci un saggio sopra).
Poi sono arrivati loro: gli avveniristi postmoderni.
E la città ideale - che raccoglie tutto il passato e si proietta verso l'avvenire - è quella di Astana nel Kazakistan (certo, taccio su Ave Maria, messa su da un pazzo in Florida, nel 2007) .
Le foto, prelevate da google (qua e là), si commentano da sé. Di che sognare.
2 commenti:
Tu sei certamente fra i miei blogger ideali.. ti ho assegnato un premio nel mio blog ;-)
Grazie, mio caro. Vengo a vedere.
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