lunedì 30 agosto 2010

Stress da effimera celebrità

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Ho superato i 50 anni senza scossoni di sorta; qualche piccola gratificazione, ma nulla di più. Non ho neanche mai amato la gloria; quanto al successo, non l'ho mai bramato né lo farò ora.

Quello che vado a raccontare è il resoconto - qualche impressione (in maniera autoironica) - di quel che è seguito all'ottenimento del premio speciale saggististica alla edizione 2010 del Premio Pavese.

In primo luogo: avevo pagato la quota di iscrizione (cioè, l'ha pagata mio fratello che vive a Roma) come per il premio Calvino (che non ho vinto), e inviato le copie del libro fresche di stampa (erano uscite due giorni prima della chiusura del bando), senza speranza. Ma se una che pubblica un libro su Pavese non lo invia quello stesso anno, alla scadenza di un bando a lui dedicato... è proprio scema. Quindi sono diventata una concorrente l'ultimo giorno utile, il 20 giugno.

In secondo luogo: il giorno in cui mi hanno telefonato da Santo Stefano Belbo per annunciarmi che avevo vinto il premio insieme con Gad Lerner, Margherita Hack, Maria Luisa Spaziani e Carlo Ossola, non ho fatto neanche parlare la signorina: dal tono della voce e il modo di presentarsi, ho attaccato il telefono in faccia - negando la mia identità - pensando all'ennesima operazione commerciale (ero in Italia per le ferie).  Mi ha richiamato poco dopo - sul cellulare - il fondatore del premio per comunicarmi l'attribuzione ufficiale del premio.


In terzo luogo: le interviste.
Io credevo che il tutto si sarebbe limitato alla  menzione del mio nome in qualche giornale (magari di provincia). E l'ho anche cercato, il mio nome. Non l'ho trovato, per fortuna esiste internet che recupera... L'addetta stampa (bravissima) del premio mi ha telefonato procurandomi interviste qua e là (belle, eh), ma stressanti per me che non sono abituata (chissà come avrà fatto quello dei numeri primi).
I giorni successivi, li ho vissuti (oltre che a cucinare e a scrivere) attaccata al telefono, pronta a sollevare la cornetta e a rispondere alle domande.

Con la paura. Di che? No, emozione nessuna. Queste le mie paure:
1. la voce che non si sente perché il mio telefono italiano funziona come se io mi trovassi in Alaska e spesso cade la linea (è successo sempre);
2. lo svarione. Fatto! Ho detto che l'acero è una conifera (e mentre lo dicevo, pensavo, CORREGGITI! È il larice che è una conifera decidua, NON l'acero). Non mi sono corretta.
3. la mia voce. Ho 4 grafie quando scrivo e ho 3 voci diverse. Le ho usate tutte. Quindi se vi pare che la mia voce non sia la stessa nelle interviste rilasciate alla radio, vi pare bene. Se poi si sembra che nessuna corrisponda a quella che ho nella vita, vi sembra altrettanto bene[1].

In quarto luogo: per avere diritto al premio, bisogna essere fisicamente presente il giorno in cui si conferisce il premio. Il 29 agosto. Per quella data, avevo deciso di essere già rientrata a Saint-Cloud, ma sarebbe stato esagerato rientrare con la famiglia (e il cane) tutti in auto e poi ridiscendere io da sola nelle Langhe. Sicché ho pensato: rientriamo tutti il 28, ci fermiamo a dormire a S. Stefano Belbo, l'indomani ritiro il premio e rientriamo a Parigi.
Sì. Bella pensata.

Ho evidentemente dimenticato che vuol dire rientrare in epoca di bollino rosso o bollino nero, fine agosto. Sicché fa nulla, si parte. Mi ero riposata durante le ferie? Per niente. In compenso ho finito di scrivere un nuovo libro e portato a metà un altro ancora. Sono ingrassata di due chili, davanti al pc.

Si parte il 28. Caricata auto e trasportino cane, c'è il sole, non è prestissimo, ma insomma. Tanto nel primo pomeriggio saremo in Piemonte.
Proprio.
Non avevo fatto eccessivo caso alla bellezza della Toscana? Ci ha pensato il fato. O la fata, fate voi.
Perché la gente non rispetta la distanza di sicurezza? Insomma, ci vengono addosso, ci tamponano, in un maxi ingorgo. Non mi fanno quasi  niente per fortuna, ma aspettando la polizia, trascorrono due ore tra chiacchiere, traduzioni (coinvolti con me anche due olandesi e due tedeschi), battute coi poliziotti da noi soprannominati Starsky & Hutch (uno dei due, vedendoci, esclama: «Oddio, son tutti stranieri!»), verbali da correggere ("No, non è l'olandese che mi ha tamponato, è il fiorentino!), sole battente da abbronzatura... Poi traffico, traffico, traffico.
Nelle Langhe il tom tom è quello di Enrico Brignano [2] e ci abbandona, ci manda per farfalle, ci fa sbagliare strada. Perdiamo altro tempo e perdo la cena e l'incontro con la Hack e la Spaziani.
Pazienza, all'agriturismo si mangia bene e io ho un sonno pazzesco (ma intorno c'è una gran cagnara, nel senso di casino di cani che abbaiano).

L'indomani mattina, chiedo e ottengo di poter andar via prima -  rispondo alla domanda bella e profonda della presidente, rispondo fuori tema, mi perdo il pranzo, le chiacchiere con gli addetti stampa, con i premiati, forse qualche possibilità importante... chissà, non lo sapremo mai.

Ritiro il premio, me ne vado di corsa, prendo la macchina e alle 12h ci dirigiamo verso Asti, destinazione Francia. In fondo, son solo 900 km.

Caspita, sono già stanchissima e neanche sono partita. Naturalmente, a causa delle curve vinifere, il cane ha vomitato. A chi tocca raccogliere il risultato? Indovinate un po'.

Ore dopo sono ancora soltanto nel sud della Francia e quasi dormo. Cerco il Dark Dog che è un energetico - dal sapore disgustosamente dolce - che però ha il potere di farmi restare con gli occhi aperti per ore e invece non lo trovo, solo Red Bull.
Che non vale nulla (ma con un sapore ugualmente, sebbene inutilmente, schifoso). E ho sonno. Sono sul sellino come un ciclista sul Puy de Dôme. Dopo varie soste, trovo il Dark Dog e cinque minuti dopo sono sveglissima, proseguo come una scheggia fino a Saint-Cloud. Sono le 23h30, presto!, ancora mezz'ora e la Corolla Verso Toyota si trasformerà in una zucca.

Quasi mezzanotte, vedo il ponte di Saint-Cloud da Boulogne-Billancourt: ce l'abbiamo fatta.

Macché. C'è il concerto del Festival Rock en Seine. Non si entra dentro Saint-Cloud da Boulogne-Billancourt.
'Azzzzzzzzzz.

Via, si torna sulla Senna, si arriva fino a Suresnes, si rientra da un'altra parte, si scarica tutto.

All'una si può andare a dormire? Si può.
Però piove fitto fitto e siamo passati da 35 a 13 gradi centigradi.

Dura la vita della scrittrice premiata. Non fa per me. Troppo stress.

Scherzo, eh. Viva lo stess (lo stress).

Sono irriverente? Ma su, dài, mi conoscete. Sapete come sono.




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[1]Metto l'intervista di un minuto rilasciata al GR1 nazionale alle 8h del mattino: 

GR1 del 27 agosto 2010 (verso la fine, dopo i primi 20-22 minuti)


e poi il servizio del TG3 Regione Piemonte (dopo i primi 9 minuti e mezzo) del 29 agosto 2010 (ma ora se cliccate sopra non c'è più).


Le interviste a ISORADIO, e altre ancora, non le ho potute reperire. 

La lunga intervista cartacea fattami al telefono è uscita su Il Giornale di Brescia del 27 agosto 2010 a cura di Francesco Mannoni.


La bellissima intervista in diretta rilasciata a Livio Partiti per Il posto delle parole, trasmissione di  TRS, radio piemontese, durata quasi trenta minuti ha un mp3 troppo pesante (30 minuti di intervista). Ve ne faccio grazia.

[2] Mi riferisco allo sketch tratto da "Il matrimonio" (clicca qui) precisamente dal minuto 2'40" al minuto 3'15"