martedì 8 luglio 2014

domenica 6 luglio 2014

I 5 modi di portare il velo

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*Da un'inchiesta a firma Priscilla Maingre.

Le Matin Maroc 22/02/2014


Da quando sono in Marocco, ho avuto modo di osservare che il copricapo indossato dalle donne marocchine (e non) che circolano per la strada si presenta sotto varie espressioni.
C'è anche una certa moda per quel che è della decorazione del velo stesso.

Intanto diciamo che mentre in Italia si usa la parola *velo*, così come in Francia si usa(va) quella di *foulard*, ora si tende a specificare meglio il tipo di velo islamico.

Aiutiamoci con le immagini del ritaglio di giornale [marocchino] che ho fotografato.

In alto, tutto a sinistra, vediamo il  velo integrale, cioè il burqa (la burqa, in Francia), di origine afghana che abbiamo imparato a riconoscere non solo durante il conflitto in quelle terre, ma anche dopo un film iraniano del 2001, Viaggio a Kandahar. Le donne che portano il burqa vedono attraverso una «griglia» di tessuto.

dal film Viaggio a Kandahar (2001)

Esso si accompagna in genere con l'abito (tchadri) dello stesso colore, solitamente nero, blu o celeste. Mi sarà capitato di incrociarne una, di donna vestita così, qui. Ma forse nemmeno.

Quel che ho visto di più coperto - per il momento - in Marocco è il  niqab che mi fa un po' impressione, rendendo le donne un po' come tanti guerrieri ninja... Si vedono solo gli occhi.

immagine n. 2 dell'articolo di giornale


guerriero ninja


Spesso incontro anche donne con il jilbab che copre tutto, tranne il volto, i piedi e le mani. Possono però aggiungersi i guanti per coprire le mani e un velo più o meno trasparente per il volto, il sittar, trasformandosi in niqab.

Ne comincio a vedere anche tra le giovani, prima (si fa per dire: sono qui da 10 mesi) lo notavo solo nelle donne più anziane.

jilbab blu

Se l'abaya - versione saudita del niqab - è obbligatorio (mi dicono) esclusivamente in Arabia Saudita e nel Golfo Persico (gli occhi non si vedono quasi per nulla o si vedono attraverso un fitto velo tipo tulle), poi su internet trovo abaya pakistani stupendi come questi.

Ora non va più di moda la parola tchador (parola persiana, cioè iraniana) - come nell'immagine 3 dell'articolo -,  ma fondamentalmente corrisponde alla base minima del velo, che non è leggero come il velo e lascia scoperto il volto. Viene tenuto fermo con l'aiuto delle mani. 

chador


Ora come ora, in Marocco tra le mie studentesse quel che va di più è il hijab.
Ce ne sono di tanti tipi: appena messo sopra e si intravvedono i capelli, coprendo i capelli e lasciando libero il collo, coprendo anche il collo (immagine n. 4 e 5 del giornale), colorato, fiorato, velato, di lana, di cotone, con spille e spillette, etc.
Eccone un esempio:




hijab turco

Poi ci sono anche le ragazze e le donne che non portano il velo, ovviamente. Portare il velo non è attualmente obbligatorio in Marocco.

la famiglia reale del Marocco



sabato 5 luglio 2014

Passaggio a sud-sud-ovest (Marocco) 14. Hijab

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La ragazza è molto carina. E il velo islamico va molto di moda.

Ecco il tutorial.


Per saperne di più a proposito del ḥijāb
Fonte: wikipedia

Ferrero Raffaello supermercati CARREFOUR MAROCCO

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In genere, so che la Ferrero ritira o sospende i suoi prodotti dolciari a base di cioccolata prima/durante la stagione calda.

In Marocco, in questo momento (siamo in periodo di Ramadan), della Ferrero si trova tutto: i Ferrero Rocher, la Nutella, i Raffaello.
Non si trovano i Pocket Coffee, ma quelli non li trovo neanche durante la stagione invernale.

Avevo voglia di Raffaello, in quanto amo il cocco.
Oltre alla scatola, qui a Rabat, sono reperibili nei supermercati le confezioni da 3 pezzi  (non da 4 pz da 10 g.!!!), ma a dire il vero le praline paiono a me notevolmente più piccole, il costo della confezione è di 12 dhs (un po' più di 1 euro).
(In Italia al supermercato: 4 pz = 1,56 euro).

Produzione: stabilimenti a Varsavia, in Polonia.
Distribuzione in tutto il Maghreb: Egitto, Algeria, Tunisia e Marocco. Ma anche in Siria.

Non c'è obbligo di menzionare valori energetici aut similia.

Comunque buono. Piacere effimero, ahimè.