martedì 21 ottobre 2008

Il "brustengo"

immagine prelevata da www.montecucco.pg.it

Un tempo a Gubbio, brustenghi venivano (non credo esista più tale denominazione) definiti gli eugubini inurbati, vale a dire quelli che non erano della città, ma provenivano dalle campagne e dai monti d'attorno. Era un termine dispregiativo. In senso traslato, stava ad indicare chi aveva maniere grezze.

Ma il brustengo è anche un cibo (cfr. foto in alto). Non è quello che ricordo io. Troppo "raffinato", questo (per la ricetta - con patate e verza: clicca qui. È ottimo, il sapore).

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P.S. Per quanto riguarda la ricetta, la mia variante è la seguente: niente lardo, bensì olio, aglio, pepe. Le patate non le riduco a purè, bensì le schiaccio grossolanamente. Il cavolo verza lo metto dentro a foglie (faccio prima), durante la lessatura. Zinzino in più: noce moscata che grattugio verso la fine. Il composto non lo faccio divenire una frittata. Lo lascio morbido: ha un sapore più delicato. (I miei ospiti, la prima volta che hanno visto la padella - che porto in tavola - con questa "cosa gialloverde" dentro, avevano uno sguardo discretamente interdetto. Svanito, dopo averla assaggiata. E ne richiedevano, ne richiedevano. E pure la ricetta.)
Piatto ideale per quando fuori fa freddo.

Curiosità: del vero brustengo, se ne parla in questo b
log, in cui si cita anche il mazzafegato (nella versione non dolce: ah, che ricordi!)

foto prelevata dal sito: www.gubbiosalumi.it


4 commenti:

Stella ha detto...

buona idea per stasera...ho ospiti brustenghi!;o)

Jacqueline Spaccini (Artemide Diana) ha detto...

:DDD

Paolo Pantaleo ha detto...

E allora vogliamo parlare della crescia (quella vera, fatta cuocere sotto la cenere, intendo..)

Jacqueline Spaccini (Artemide Diana) ha detto...

No, la crescia vera, quella vera-vera, la conosciamo in pochi.
Gli altri conoscono quella che vendono ai turisti, che chiamano "testo", ma che non è altro che pallida ombra.