venerdì 26 ottobre 2012

Come ci vedono: le condanne per il terremoto all'Aquila

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Traduco direttamente il breve articolo di giornale francese(1):


SISMA DELL'AQUILA IN ITALIA
PRIGIONE PER GLI ESPERTI

La sentenza può sembrare severa. Sei esperti in terremoti e il vice-capo della Protezione Civile, Bernardo De Bernardinis, sono stati condannati ieri a sei anni di prigione che si aggiungono all'interdizione di esercitare nella pubblica amministrazione. Erano accusati di aver sottovalutato i rischi del sisma, sei giorni prima del terremoto che ha fatto oltre 300 morti all'Aquila il 6 aprile 2009. I sette si erano riuniti in seno alla commissione italiana Grandi Rischi per analizzare una serie di piccole scosse avvenute durante i mesi precedenti. In particolare, le accuse del tribunale per loro sono state di aver dato informazioni troppo rassicuranti alla popolazione che invece avrebbe potuto prendere adeguate misure per proteggersi. 
Da parte della difesa era stata richiesta l'assoluzione a partire dal fatto che nessun scienziato può - per definizione - prevedere un sisma. Se  la parte civile ha apprezzato questa che è "una sentenza storica", la comunità scientifica, di cui oltre 5000 membri avevano firmato una lettera rivolta al Presidente della Repubblica italiano per difendere i loro colleghi, ieri sera era sotto choc.

(trad. JS)

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(1) Direct Matin 23/10/2012, p. 16

La testata di Zidane si fa statua

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Ebbene sì, ora è anche immortalata. Tutta di bronzo. La testata di Zidane al calciatore italiano Materazzi «troneggia» in questi giorni davanti al Centre Pompidou, a Parigi (dove resterà fino al 7 gennaio 2013).

L'autore si chiama Adel Abdessemed, cui è dedicata una retrospettiva nel gran tempio dell'arte moderna.
Alle proteste levatesi contro quello che è stato definito «il gesto più spiacevole dell'immensa carriera» del calciatore francese, contro quella che è stata definita una «scelta provocatoria»,  Alain Seban, presidente del Centre Pompidou, ha risposto che gli artisti sono latori di un altro sguardo sul  mondo, uno sguardo che "apre" il nostro e pertanto occorre lasciar loro intera libertà di espressione.

(Source: www.directmatin.fr del 23/10/2012 p. 6)

L'infedeltà dei presidenti della repubblica transalpina

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Esiste una società canadese, la Ashley Madison (che è anche un sito), specializzata negli incontri extraconiugali.
Fin qui...
Per farsi pubblicità, ha pensato bene di sfruttare l'immagine di 5 presidenti della Repubblica francese (clicca qui): François Mitterrand, Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy e François Hollande , chiedendo a chi legge (traduco):

Che cosa hanno in comune?

La presenza del bacio stampigliato da un rossetto da labbra (nonché il gossip più o meno mondano) fa scaturire d'impeto la risposta: sono tutti traditori.

Sottinteso: fossero ricorsi ai nostri servizi, nessuno li avrebbe scoperti.

Così va il mondo.

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(Source : www.metrofrance.com del 23/10/2012 p. 19)

giovedì 4 ottobre 2012

Obliterare il biglietto giusto!

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[Quel che segue è esattamente quel che mi è accaduto; il contraddittorio lo racconto in traduzione italiana]

L'IMPORTANZA DI OBLITERARE IL BIGLIETTO GIUSTO E I CONTROLLORI DELLA RATP




Sono una che oblitera il  biglietto sull'autobus (1€27) anche per solo due fermate (ahimè); non faccio mai la furba, insomma.

Giorni fa, dovevo recarmi alla facoltà di mio figlio per parlare con il direttore per via della borsa di studio che intende richiedere. Appuntamento alle 15h30 dall'altra parte della città: noi viviamo a sud-ovest fuori Parigi, l'università di mio figlio si trova a nord-est di Parigi sotto la Géode de la Villette. 

Un'ora, un po' più di un'ora. Mezzi di trasporto (da folli prendere l'auto): 1 bus + 1 trenino + 1 RER + 1 metro, il modo più veloce di arrivare a destinazione. Faccio un maxi-biglietto omnicomprensivo (nell'Ile-de-France non è come in Italia che con lo stesso biglietto puoi prendere auto e metro; senza contare che c'era anche un treno di mezzo). Bene. Con lo stesso biglietto, devo passare attraverso le bornes (i tornelli, mi pare si dica in italiano) dell'R.E.R (pronuncia: èr/ə/èr).


Ecco, in uscita dalla stazione R.E.R., bisogna far passare di nuovo il biglietto già utilizzato.
Lo passo e porcamiseriaccia mi dà il bollino rosso, come a dire: stai facendo la furba, questo biglietto non va bene!

Immediatamente dietro di me c'è un intero plotone di controllori. 
Sicché mi armo di coraggio e prima ancora di giungere al cospetto del primo controllore che si sta avvicinando, prorompo:
-Buongiorno! Non capisco, ho acquistato un biglietto valido da ** a **, controlli!
- Veramente...
- No, controlli, eppure avevo chiesto espressamente un biglietto valido da ** a **!
(comincio a innervosirmi, anche perché il controllore non sembra minimamente incoraggiato dalle mie parole a guardare il biglietto)
- Veramente, se mi lascia parlare...
- .... (sguardo mio interrogativo)
- Il suo biglietto va bene, è la macchinetta che è rotta.

Ah, ecco.
Mi fa passare. Passo. Saluto e ringrazio, dicendo che temevo fosse colpa mia (ho uno strano modo di manifestare il  mio senso di  colpa, ve lo accordo).

Riflessione a posteriori: ma se lui non fosse stato presente, come avrei fatto a passare? Io il salto "all'olio cuore"  (quello di Nino Castelnuovo, per intenderci) sui tornelli dell'R.E.R. non lo so fare!



sabato 29 settembre 2012

J'aime, Je n'aime pas

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Roland Barthes con la mamma (1920?)

 
Giorni fa, ho fatto esercitare i miei studenti sul famosissimo J'AIME, JE N'AIME PAS di Roland Barthes (Roland Barthes par Roland Barthes, Paris, Seuil, 1975, pp. 120-121). Si trattava di tradurre il testo in italiano e poi di restituirne un altro, personale, a partire dal testo del filosofo francese. Come contrainte, ho richiesto che seguissero il testo (dove Barthes enumera 3 nomi di pittori, loro dovevano inserire altrettanti nomi di pittori). Ma naturalmente, presa al laccio, ho fatto anch'io il mio personale J'aime/Je n'aime pas... o meglio, visto che qui scrivo in italiano: MI PIACE, NON MI PIACE.

Ho incollato con lo scotch 2 fogli al frigorifero. Su uno ho scritto MI PIACE e sull'altro NON MI PIACE. E nel giro di una settimana ho scritto quel che durante il trascorrere del tempo via via mi sovveniva.

Ecco il risultato:

J'aime:

i broccoletti, la senape forte AMORA, il formaggio fresco di capra, il peperoncino cinese, la pasta di arachidi, l'odore del caffè, i mughetti, le peonie, le rose baccarat, il crémant rosé, i Cincinnati in politica, Yuja Wang, la Perrier fredda, la coperta anche d'agosto, la pasta ripassata in padella, i cigarillos (da vedere e basta), Debussy, camminare a passo svelto, le noci, le banane, le more coltivate, l'arcobaleno, gli orecchini pendenti, le penne stilografiche e quelle a pennarello con punta sottile, il profumo che sprigionano i mandarini sbucciati durante le feste natalizie, le novelle moderne, il trombino, il caffellatte freddissimo e senza zucchero, Marc Chagall, Giovanni Bellini, i concerti brandeburghesi, John Locke, Eduardo De Filippo, Jules Verne, Denis Diderot, Ingmar Bergman, l'autobus a 2 piani (seduta in prima fila al secondo piano), l'Alvernia, il bordeaux rosé, il jazz manouche, ascoltare la musica camminando, Vita dei Campi, dominare il mondo dall'alto di scarpe dotate di tacchi altissimi (purché a zatteroni), la parete a pan de bois del mio monolocale a Caen, il timo citronella fresco sull'insalata di pomodori, la mattina aurorale a Roma, etc.



Je n'aime pas:

i barboncini, gli uomini con i calzini corti, le gerbere, il kiwi, la chitarra elettrica, Dubuffet, tesi-antitesi-sintesi hegeliane, i videogiochi, Nicola Piovani, i grattacieli, le notti d'inverno (fuori casa), Schubert, Berio, Allevi, telefonare, il balletto classico, Pollock, i cori alpini, il clarinetto, il triangolo, i privilegi accordati ai politici, la gente che non litiga mai, la remissività, la mancanza di grinta, la codardia, le bugie, etc.
[Extra: non mi piace cambiare il sacchetto dell'immondizia della pattumiera]

Ma più di tutto, MI PIACE
a) mettere la passione in tutto quel che faccio, 
b) vederla nel mondo che mi circonda, 
c) dare un motivo di gioia di vivere a chi m'incontra sulla sua strada, per un giorno o per la vita. 

P.S. Per chi passa di qua: metti un tuo personale mi piace /non mi piace, se ti va

sabato 15 settembre 2012

Sembra facile... quando la telefonia transalpina ti regala qualcosa

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Sembra facile, ma non lo è.

In Francia, l'operatore telefonico da me scelto è SFR. Non faccio l'abbonamento, non ho il forfait abonnement come praticamente tutti, perché io in Francia dal cellulare NON telefono. Mando solo sms, perloppiù verso l'Italia.

Però è vero che qualche volta chiamo e invio sms a marito figlio e a qualche amico/a. Quindi ricarico il telefonino con una scheda (in realtà uno scontrino di cassa), quando il credito sta per esaurirsi.

Da un po' di tempo, SFR la carte fa un'offerta allettante: mi dà la possibilità di chiamare (e sms-izzare) fino a 3 numeri francesi (quindi marito figlio e un'amica) gratis con una ricarica di 10 euro.
Bene.

Le indicazioni sono chiare e scritte sul ticket di ricarica (in Francia, non si può ricaricare dalla macchinetta del tabaccaio aut similia, come in Italia).
Inidcazioni: per beneficiare di chiamate (non oltre le 2h) + sms illimitati verso 3 numeri fissi o di cellulare occorre attendere sms di conferma da parte del 963 e scegliere i 3 numeri non modificabili richiamando il 963 e seguendo le indicazioni vocali.

coupon recharge


Ebbene sono mesi che o non ricevo il messaggio sms di conferma e quindi se chiamo il 963 non si menzionano affatto i fantomatici 3 numeri da indicare oppure ricevo il messaggio di conferma (che mi avverte di richiamare entro 5 gg!), chiamo il 963 ma non c'è verso di gestire (eppure il tasto l'ho premuto!) 'sti famigeratissimi 3 numeri.

Oggi mi sono stufata e cercando su internet trovo che probabilmente bisogna chiamare il 1063 (= servizio assistenza clienti).
Preparo i 3 numeri da dettare (non si sa mai), chiamo, attendo meno di 3 minuti. Dopo esser passata per vari "se vuoi ottenere un'informazione su xy, digita 2..." e così via, mi risponde un operatore il quale mi dice che per avere i 3 numeri è obbligatorio passare per il 1063 e mai per il 963.

Rinuncio a dirgli che non mi sono inventata il numero, che quel 963 sta stampigliato sullo scontrino ricarica (il coupon recharge che vedete qui sopra). Tanto lo so che lo sa già.

Mi chiede i numeri, glieli dètto e ora ho appena ricevuto un messaggio dal numero telefonico SFR 877 che recita così (traduco):

SFR LA CARTE: Chiami fin d'ora il 963 per beneficiare dei suoi 3 numeri illimtati verso tutti gli operatori (chiamate e sms nazionali).

Ecco, appunto.  
Adesso che debbo pensare?



venerdì 14 settembre 2012

Ristorantino a Parigi nel 10e arrondissement

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Le cose (oppure i casi) della vita...

Ieri sera, cerca un ristorantino branché di qua, uno ottimo di là, in una zona come quella del Canal St-Martin (10e arrondissement, M° 5 station Jacques Bonsergent ; M° 4, 8 e 9 station Strasbourg-Saint-Denis) in piena ascesa sociale che pullula di ristorantini ristoranti e ristorantoni... ma nessuno entrava in servizio prima delle 20h. Di che ritenere di trovarsi in Italia... (1)

Gira che ti rigira, approdiamo nella rue de Lancry e ci soffermiamo davanti a un ristorante coreano, apparentemente carino e senza pretese. Ci hanno detto che la cucina coreana è buona. Entriamo.

Ristorante Seoul 88
Sorpresa: non solo si è mangiato benissimo, non solo non c'è stata la confusione del gomito a gomito, non solo la signora-padrona è stata discreta e gentile, ma si è pure speso poco (poi, io sono stata ospite).

E dunque ve lo consiglio!



Unico handicap (ma probabilmente è tutto mio): si mangia con le bacchette di acciaio (già  mi arrabatto penosamente con quelle di legno... con l'acciaio scivola tutto). Ma ci si riesce (se ci son riuscita io).


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(1) In realtà ci sono gli happy-hour dove consumare fin quasi alle 20h... e quindi si danno una mano tra bar e ristoranti.

giovedì 30 agosto 2012

Leggere, vivere, vedere e ascoltare, recuperare la vita

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A Patrizia L M




La bibliotechina della foto di sopra è il povero luogo dove inserisco alla meno peggio i libri che tengo provvisoriamente qui. Presto ripartiranno per l'Italia e al loro posto ne metterò degli altri (insieme con i cd, mentre i dvd li vendo).

Da tempo leggo più spesso per dovere che per piacere (poi nel dovere c'è anche il piacere, ma è un'altra cosa). Sono per lo più saggi di arte e di letteratura italiana; spesso di critica, di metodologia. 
Quest'estate ho letto dunque due soli libri per divertimento, per relax, semplicemente per occupare piacevolmente il tempo, due testi narrativi. Si tratta di un autore che mai avrei creduto potesse piacermi, per via del successo planetario che riscuote. Atteggiamento snobistico, si dirà. Ma no, ma no, sono qui per fare mea culpa e dire che La caduta dei giganti di Ken Follett è proprio un bellissimo romanzo. Lo consiglio a tutti, soprattutto ai giovani (e attendo l'uscita del seguito, L'inverno del mondo che in Francia uscirà solo a ottobre 2012 ).


Del secondo libro Due storie sporche, un dittico di due novelle, conoscevo e apprezzavo di già il suo autore, Alan Bennett, per aver letto il suo bel La cerimonia del massaggio

Poi sto finendo di rileggere (ma per lavoro) tutti i testi di Ignazio Silone. Libri belli ma difficili, soprattutto se li si deve leggere cercando una chiave di decodificazione dell'avventura umana e politica dello scrittore abruzzese.

Se qualcuno mi chiedesse quali libri leggere, quali libri consiglio... ecco io non riesco a scegliere un libro su misura dell'altro. So solo sceglierlo su di me e allora qui scriverò per quella persona quel che io amo ho amato e amerò.

LETTERATURA

1) Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati  - occorre avere animo forte, un certo disincanto nei confronti della vita ma anche una passione nel viverla (e aver preferibilmente passato la quarantina);


2) La città e i cani di Mario Vargas Llosa - bello e crudele, perché ti insegna a guardare le cose e le persone sotto un altro punto di vista;

3) Cent'anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez - perché è una favola amara ma piena di amore, ti aiuta a non dimenticare che il sogno fa parte della vita;

4) La luna e i falò di Cesare Pavese - speranzoso fino all'ultimo e pacatamente disilluso - che ti spinge alla ricerca delle tue origini (va fatto, anche se ciò non serve a risolverti i problemi);

5) Picnic e altri guai (ma anche La mia famiglia e altri animali) di Gerald Durrell (non il fratello Lawrence, mi raccomando!) - ironico, divertente, piacevolissimo, garbatamente irriverente - perché nella vita c'è un tempo anche per sorridere;

6) Moon Palace, Il libro delle illusioni , la Trilogia di New York (intellettualmente, il mio preferito), Follie di BrooklynNel paese delle ultime cose (il più difficile, il più amato) di Paul Auster - autore diverso; piace molto piace poco, dipende. A me ora piace meno, le ultime cose non le ho lette (anche se le ho in biblioteca);

Paul Auster
Potrei continuare fino a 100 e oltre. Metto qui allora solo qualche titolo che son certa raccoglierà larghi consensi (i miei compresi):

Alice Munro Troppa felicità (per chi come me ama i racconti); David Lodge Il professore va al congresso (soprattutto se siete dei professori); Carlos Ruiz Zafòn L'ombra del vento (intrattiene fino alla fine); Antonio Tabucchi  Il tempo invecchia in fretta Sostiene Pereira Requiem I volatili del Beato Angelico etc.; (per chi ama gialli e thriller) Jeffery Deaver I corpi lasciati indietro / Giorgio Scerbanenco Traditori di tutti / Carlo Lucarelli Almost Blue.

Wislawa Szymborska
Per la poesia: imperdibili lo spagnolo Pedro Salinas La voce a te dovuta e La gioia di scrivere. Tutte le poesie della polacca (umanissima) Szymborska (clicca qui).


Avete perso l'incontro con l'arte? Volete leggere la sua storia senza annoiarvi (ma senza per questo leggere PippoPluto&Paperino)? Consiglio l'intramontabile Storia dell'arte (Einaudi) di Ernst H. Gombrich.

E poi faccio anche Cicero pro domo mea.

Film? Al volo, ne consiglio uno che è la colonna sonora della mia vita. Sembra un film scemo, una commediola, ma c'è tutto il senso della vita e dell'amore, lì dentro. Mi riferisco a Ricomincio da capo (Il giorno della marmotta) di Harold Ramis con Andie McDowell e Bill Murray.

The Tree of Life
Film italiani BELLI recenti? La prima cosa bella di Paolo Virzì e La nostra vita di Daniele Luchetti.

Degli americani ho molto amato (film sul quale i pareri sono controversi) The Tree of Life di Terrence Malick.

Se poi vogliamo andarci dentro duro, allora consiglio Blu di Kieslowski (o come diamine si scrive). Ma è un pugno, come 20 grammi, come Biutiful del grande messicano Alejandro Gonzalez Inarritu.

Buon tutto.  Buona cura dell'anima (o come la chiamate).






P.S. Non ho volutamente inserito (per es.)  Omero, Dante, Balzac, Stendhal, Dostoievski, Tolstoi, Kafka, Mann né l'amatissimo Verga perché per quelli non c'è bisogno di consiglio alcuno da parte mia.

mercoledì 29 agosto 2012

Rissa in un bus

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© gérard Lavalette pour ParisCool, les photos de Paris


Cose che capitano anche in Francia.
Ieri pomeriggio, di ritorno da boulevard Raspail, scendo a Boulogne e salgo sul 160 per tornare a casa.
Accanto a me, noto una coppia sui sessanta, très french, très bourge (di quelli che l'autobus non lo prendono più da trent'anni almeno), très chic. In autobus, si sa, si sale davanti perché c'è la macchinetta per obliterare il biglietto e quella di convalida (clicca qui) per "passare" l'abbonamento. Salgo, dico buongiorno al conducente, oblitero il biglietto e mi siedo.
A questo punto, sento partire la musichetta (din don) seguita da una voce registrata che ricorda  che si sale dalla porta anteriore e che è vietato salire dalle porte centrali e posteriori. È il conducente che schiaccia un interruttore per richiamare il passeggero inadempiente. Come i due signori. Amen.
E invece, qualche metro dopo, il conducente blocca l'autobus e richiama i due signori i quali vanno verso di lui per mostrargli un biglietto già altrove convalidato (in realtà, bisogna obliterare a ogni passaggio e cambio di mezzo pubblico). Il conducente dice loro di scendere da dietro e risalire da davanti, altrimenti restano giù.

A quel punto un'altra passeggera - attempatissima ma gagliarda, stile Maga Magò -, si rivolge al conducente, dicendo a voce altissima e scocciata: «Eh, Monsieur, chi si crede di essere? Fa tutta questa storia perché i signori sono francesi al 100% (Français de souche) perché se fossero stati arabi o neri muto sarebbe stato!» (vous feriez profil bas). E conclude con tono sarcastico (?): Vive la France !

A quel punto, il conducente apre la porta trasparente che lo separa dal pubblico (il bus è sempre fermo in mezzo alla strada), va dall'attempata signora e le dice di farsi i cacchi suoi che lì comanda lui (occupez-vous de vos oignons, Madame, ici c'est moi qui commande !).

Simultaneamente, una bella ragazza dal fondo (dai tratti chiaramente magrebini) e il suo accompagnatore (French perbenino d.o.c.) cominciano a replicare alla signora Maga Magò che: a) non è bello quel che dice (il ragazzo dice : c'est pas sympa), b) è una razzista nonché una *brutta troia* (o *vecchia zoccola*, a scelta; la ragazza dice: sale pute). E si alza per dirigersi dalla vecchia, urlando anche lei: Vive la France ! 


Maga Magò non si lascia intimorire e replica alla fanciulla che non ha capito niente; allora il conducente dice alla giovane che non vale proprio la pena scaldarsi così per una come quella, mentre il signore très bourge di prima fa un segno di approvazione a Maga Magò, alla Fonzie, ma di nascosto (vigliacchetto) dalla ragazza magrebina.

La quale ragazza va contro l'anziana (e per nulla intimorita) signora, scoppia a piangere (per la rabbia e l'offesa), mentre tenta di picchiare sulla testa la sua nemica french 100%, la quale replica, da seduta, con una serie di calci all'indirizzo della giovane magrebina. Vengono separate.

Nel frattempo il conducente è ripartito, arriviamo alla fermata successiva e decido di scendere ché ho visto arrivare il mio secondo bus. Ma la storia non finisce qui.

Dal secondo autobus, il 467 (bloccato in parallelo al 160 nel traffico), vedrò nello spazio di pochi minuti: a) il conducente nervoso (quello del 160) richiamare l'autista di un camioncino posteggiato sull'area della fermata bus, intimandogli di togliersi; b) l'autista del camioncino fare marcia indietro e dare una gran botta alla mascherina del bus sfoderando un gran sorriso di soddisfazione; c) il conducente del bus scendere per discutere, dicendo che ha capito benissimo che l'ha fatto apposta... mentre il mio autista (quello del 467) - nel frattempo ripartito -  farà salire al volo un passeggero in corsa - non in fermata -, un giovane ragazzo che lo ringrazierà (Merci, mon pote !), sorridendo (ma senza obliterare biglietti o convalidare tessere).

Io e  l'altro passeggero sceso con me dal 160... scoppiamo a ridere. Siamo tutti stranieri.

Effetto del caldo, dissapori personali, razzismo a destra e a manca, prevenzione, luoghi comuni e vita quotidiana? Tutto insieme appassionatamente.

mercoledì 27 giugno 2012

Pubblicità animali & uomini: il caso francese

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È considerata la pubblicità più amata dai francesi. Viene continuamente proiettata sugli schermi cinematografici prima dell'inizio di un film. Personalmente, sono molto critica con tale pubblicità. E non per i motivi che hanno spinto la censura francese a proibirla in tv (la scena 
con il  puma), per via dell'esplicita allusione al rapporto gay tra l'animale e l'uomo. No. Quel che mi disturba profondamente è la scorretta zoofilia (puramente sessuale) e l'immagine (falsamente ironica) dei clichés più «modernecci» della sensualità. Esempio: le femmine (siano esse pinguini o iene) sono ammiccanti, seducenti e svestitissime. Non parliamone se poi si tratta di una cerva (anzi, a ben guardare, una femmina di daino)! Essa può essere madre (di umani) in uno spot e femmina che fa impazzire i vecchietti in un altro spot. Guardare, per credere, le foto qui di seguito: 




Qualcuno si chiederà: ma come, l'espressione (ma belle/chère/petite) *biche* si usa come termine affettuoso rivolto a una donna o come connotazione fisica: cou de biche, yeux de biche... (collo/occhi di cerbiatta, si direbbe in italiano)... Sì, ma *biche* in un vecchio argot sta anche a indicare la mantenuta (*femme entretenue*, recita il Trésor de la Langue Française).  E allora vedrete che l'immagine del vecchietto che tiene sulle ginocchia la cerva dalle mammelle alla Jessica Rabbit diventa più che eloquente. Per non parlare del ragazzino che appoggia il capo sulle tette della giraffa coi tacchi a spillo e beve dalla cannuccia Or***ina come se fosse il seno materno... Una specie di precoce iniziazione con un retrogusto di incesto Giocasta-Edipo. 
È acclarato che siamo diventati una società pilofoba: abbiamo in odio i peli in eccesso, se non addirittura i peli tout court. Motivo per cui la scelta di mostrare gli animali antropomorfizzati all'eccesso ma nel contempo esaltati nella loro pelosità animale produce un'immagine in grado di provocare un certo choc (di certo voluto) nello spettatore. 
L'orso «nudo» (?) sull'affiche ostenta una foglia di fico tridimensionale, mentre ammicca invitante e si passa la lingua sotto quel tartufo che indica il naso animale. Un orso è naturalmente nudo (ovvero vestito della sua pelliccia), ma se gli si mettono addominali a tartaruga di giovane maschio dei nostri giorni e una foglia di fico sostanziosa, ecco che di colpo esso è nudo.
E taccio delle bottigliette di aranciata che esplodono come tappi di champagne, con relativa allusione all'eiaculazione maschile, mentre torme di discinte zebre cavalcano dette bottigliette. 
Terminerò con l'immagine finale della pubblicità che viene distribuita nelle sale cinematografiche: quella dell'uomo che guarda la tv insieme con una pecora, dopo che si sono scambiati effusioni amorose, come attesta uno stereotipato bacio stampato sulla guancia del protagonista umano. L'immagine non è nuova: qualcuno ricorderà un vecchio film di Woody Allen, Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso (e non avete mai osato chiedere) se vogliamo più creativa, in cui si vede un sognante (soddisfatto) Gene Wilder nell'atto di fumare una sigaretta, a letto, con accanto a sé la pecora che ama.


Quel che mi dà profondamente fastidio è il falso tono ingenuo, infantilistico, con il quale vengono veicolati messaggi (neanche subliminali) di zoofilia nel senso di promiscuità sessuale con animali. Gli animali sono antropomorfizzati, le intenzioni degli umani sono chiaramente zoomorfizzate. Ma in Francia questa pubblicità fait un carton, cioè ha un immenso successo. Ma a quale pubblico è destinata? Chi beve quella bevanda che di arancio ha solo una parte del marchio? 











martedì 5 giugno 2012

The Terminal un film che è un inizio

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Mi ha insegnato più cose sulla vita, sull'esperienza, sui rapporti con gli altri, sulla solitudine e sulla forza che abbiamo (dobbiamo avere) dentro di noi questo film che anni di vita vissuta.

Se cliccate qui sotto c'è tutto - o quasi - sul film (anche la trama). Lasciatevi sorprendere: non aprite il link di wikipedia, godetevi il film.
The Terminal

lunedì 28 maggio 2012

Gli oggetti conservati (Marlene et Jean)

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E ciò che dura e resta fisso
non ci è così intimamente caro:
pietra preziosa con gelido fuoco,
barra d'oro di pesante splendore

Herman Hesse, Scritto sulla sabbia



Jean Gabin fu uno dei grandi amori di Marlene Dietrich. Un amore non addomesticato, un amore che non fece sconti a nessuno dei due e forse proprio per questo motivo sopravvissuto nel ricordo silenzioso dei due amanti.
la foto è tratta dall'archivio del sito cinalbum.com
Marlene e Jean si conoscono a New York nel 1941. Gabin, aiutato dalla Dietrich durante il suo soggiorno a Hollywood (lui non parla americano), ben presto s'innamora perdutamente di lei. Divorzia da Doriane (una ballerina di rivista alla quale si era unito nel '33) e la chiede in moglie.

Ma Marlene non intende divorziare da Rudolf Sieber (sposato nel 1923 e con il quale - a parte l'amicizia - non condivide più la vita). Inoltre Gabin vuole dei figli. Lei ne ha già uno, Maria. E così dice di no.

Sentendosi offeso nell'animo, il rapporto si trascina per interrompersi nel 1947 (definitivamente, per quanto riguarda l'uomo). A Parigi, Marlene tenterà invano di ricontattarlo, di tornare a essere la sua donna, attendendolo anche per ore sotto la sua residenza. Lui (che nel '49 si è risposato) non le rivolgerà più la parola; non la cercherà più.

foto tratta dal blog the Lady Eve
Jean Gabin muore nel 1976, all'età di 72 anni. Marlène che da tanti anni non esce più dal suo appartamento parigino di Avenue Montaigne, ne ha cinque di più. 

Secondo la testimonianza di Louis Bozon, in un giorno della fine del '76, un certo Monsieur Moncorgé chiede di essere ricevuto dall'attrice. 

Marlene ha un sussulto: Moncorgé è il  cognome di Jean Alexis (Gabin è il suo terzo nome di battesimo, nonché il nome teatrale del padre che era un attore di operetta).
Viene fatto entrare.
Si tratta del nipote di Gabin, il quale consegna a Marlene un cofanetto aggiungendo ch'era scritto nel testamento dello zio dovesse essere personalmente consegnato alla Dietrich. Brevi manu.
Consegna e ne va.

fcancan.blogspot.com








Marlene lo apre e dentro vi trova alcuni oggetti (gioielli) da lei regalati a Gabin all'epoca della loro liaison.
Su tutti, spicca un massiccio braccialetto (une gourmette) con sopra inciso Merde (che è l'augurio dell'in bocca al lupo tra artisti).

L'attrice si commuove, non piange (non è nel suo stile), chiede una coppa di quello champagne che è divenuto la sua medicina quotidiana, come remontant.

Il braccialetto aveva atteso 30 anni per essere riconsegnato. E lui lo aveva conservato.

[fonte: Le Crépuscule d'un ange. Le Mythe Marlene Dietrich évoqué par ses proches, France5]


domenica 6 maggio 2012

Esiste anche questo mestiere qua

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Foto ritagliata e scannerata da metrofrance del 15.03.2012

Che lavoro fanno queste signore? 
Odorano le ascelle altrui, prima e dopo deodorante.
Esiste anche questo mestiere qua.

venerdì 27 aprile 2012

Raccolta differenziata rifiuti: dove butto ...?

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Dove butto i rifiuti?

2011 Parigi dopo una gara podistica photo © JSpaccini



  • Il cartone della pizza : se pulito (difficile!), si butta nel cassonetto per la carta. Se ci sono resti di pomodoro, di formaggio o altro, si butta nel cassonetto comune (o dell'indifferenziata), insomma quello dei rifiuti NON riciclabili. 
  • I vasetti dello yogurt : se di vetro, lavateli, e gettateli nella "campana" per i rifiuti (riciclabili) di vetro. Altrimenti nei rifiuti domestici. Stessa cosa per tutti gli altri vasetti di panna, crema, burro, margarina, etc.
  • L’alluminio leggero : quello della tavoletta di cioccolato, per esempio. NON è riciclabile perché troppo leggero. Cassonetto comune.
  • Carta forno : NON si ricicla = cassonetto comune.
  • Lattina di coca, acqua, aranciata, etc : cassonetto della plastica e/o della carta (dipende dal vostro Comune). Vuota, però.
  • Contenitori per la frutta (e anche quelli dei formaggi tipo camembert) : NON si riciclano = cassonetto indifferenziata (quello di tutti i giorni).
  • Scatole surgelati : se di carta e la carta è pulita, si ricicla e va nel cassonetto della carta. Se è di plastica, non si ricicla. La barchetta di quelle che passano al microonde e sono di stagnola si riclicano. Ma vanno lavate prima di essere buttate nell'apposito cassonetto.
  • Piatti o bicchieri rotti :NON si riciclano! Immondizia comune. 
  • Vaso di fiori: NON si ricicla.
  • Flaconi di shampoo, gel, doccia e balsami : svuotatati e sgocciolati, si riciclano nel cassonetto plastica. Tubetti di crema e di dentifricio NON si riciclano.
  • La bombola spray : meglio nell'indifferenziata.
  • Il trucco (maquillage) : a parte i contenitori di carta NON si riciclano.
  • Buste e volantini : è carta,  si riciclano nel cassonetto della carta. Se le buste sono di quelle con l'imbottitura, toglietela.
  • Penne e matite : NON si riciclano.
  • Solventi, avanzi di pittura, vernici e smalti : NON si gettano nei cassonetti di nessun tipo. Vanno al centro per il riciclaggio dei rifiuti (o altre iniziative comunali).
  • Elettrodomestici non funzionanti : o al centro riciclaggio (particolarmente i frigoriferi che contengono gas nocivi) oppure a un centro di raccolta. Alcuni negozianti o grandi marche di elettrodomestici li riprendono se ne acquistate uno nuovo. Chiedete!
  • Olio motore : non nel vostro w.c. Rivolgetevi al vostro benzinaio, vi saprà dire.
  • Abiti vecchi : al vostro buon cuore.
  • CD e DVD : non si riciclano. Vendeteli oppure regalateli.
  •  
  •  (mia traduzione con adattamento dal francese - Testo prelevato dal blog Ecolo Techno)

domenica 25 marzo 2012

Antonio Tabucchi continuerò a incontrarlo nelle sue pagine

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La foto è presa in prestito dal blog http://eagbprodmic.blogspot.fr/

Oggi c'è un posto in meno nella mia vita di tutti i giorni: è scomparso, è morto, Antonio Tabucchi. 
Un fulmine a ciel sereno, per me. 
Ancora la settimana scorsa, avevo assegnato la lettura critica commentata della sua Lettera da Casablanca, una novella tratta da quella meraviglia che è Il gioco del rovescio.

Ho avuto la fortuna di conoscerlo in un'epoca in cui non mi piaceva poi tanto. Non avevo capito la sua arte, lo stile, la scrittura e tutto l'universo diegetico che è l'opera di Tabucchi. 

Ho avuto modo di apprezzare le sue doti di conferenziere, di insegnante, ma soprattutto di intellettuale e di amico (di mio marito). 

Una persona come non se ne incontrano più. Oppure sì, ma molto raramente.

Grazie per tutto.

sabato 10 marzo 2012

Il posto degli allocchi

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photo by Jacqueline Spaccini

Avrei potuto - se avessi voluto - intitolare questo post con un riferimento colto, una citazione raffinata, tipo: ieri ho sentito passare su di me il vento dell'ala dell'imbecillità (1). Ma sarebbe stato abbellire una scemata che ho fatto (e subìto) appunto ieri.
Ridiamoci su. Vado a raccontare.


Ieri, venerdì, alle 12h20 esco dalla facoltà, dirigendomi con passo celere verso la boulangerie per acquistare una baguette al sesamo contenente il classicissimo jambon-beurre (o come dicono più spesso a Caen, un parisien), la lattina di Perrier e come dolce un caldissimo croissant alle mandorle; il tutto con una formula a buon prezzo, appena 4 euro. D'altronde, tanto per cambiare, il tram Twisto non passa, ché qualche incidente l'ha bloccato da qualche parte... E io debbo arrivare alla stazione ferroviaria entro le 13h. Quindi, appunto, mi affretto.

Al semaforo, vedo un uomo di una sessantina d'anni (che mi ricorda un amico che non è più tale) avanzare e buttare l'occhio sul marciapiede dinanzi a me, anzi buttare l'occhio dalle parti dei miei piedi. Qualcosa brilla. Si china.

Avrete capito.
Anch'io. Quasi subito, però. Non subito. L'uomo raccoglie un anello e viene verso di me.
Già son pronta a dire che no, non è mio. Accidenti, vado di fretta! E lui (traduco) mi fa:
- Signora, lo prenda lei!
- No, grazie, l'ha visto lei, lo prenda lei.

Mi divincolo. Dico la verità: una parte di me sta pensando che assomiglia al mio vecchio amico, l'altra parte di me teme che mi rubi la carta di credito. Naturalmente, io ho il portafoglio in mano, perché ho appena controllato di avere i 4/5 euro per la formule sandwich.

La faccio breve: il tipo mi mette l'anello (raccolto a terra) nel palmo della mano, la richiude dicendomi che mi porterà tanta fortuna. In cambio vuolo SOLO qualche euro per mangiare. Con quello che vale l'anello, potrò bene dargli qualcosa in denaro, no?

Mi sento un'allocca, anzi lo sono.
Sono impigliata in una rete che farà solo ritardare il mio andare. 
Buttargli l'anello in faccia? Non posso: non sono Carmen e lui non è Don José. 

In fin dei conti, se lo comprassi in bigiotteria, quell'anello, qualche euro dovrei pur pagarlo. E poi  somiglia tanto a quello (d'oro vero) che la mia amica Laura mi ha mostrato qualche giorno fa.
E poi... beh, e poi sono un'allocca. 

Ho fatto in tempo a far tutto: comprato panino e bibita; arrivata alla chiesa di Saint-Jean ho preso un autobus e arrivata in tempo alla gare

E ora sfodero il mio  favoloso «anello d'oro».  Eccolo qui: 




Bene. Ora sono pronta a comprare la Fontana di Trevi o il Mont Saint-Michel.
Sotto con le offerte!



famosa scena tratta da Totò truffa del 1962

___________
(1) Cito evidentemente Charles Baudelaire: «[...] Aujourd'hui, 23 janvier 1862, j'ai subi un singulier avertissement, j'ai senti passer sur moi le vent de l'aile de l'imbécillité.» (in « Hygiène », Journaux intimes). La versione in italiano: «[...]e oggi, 23 gennaio del 1862, ho avvertito un singolare avviso, ho sentito passare su di me il vento dell’ala dell’imbecillità.» (da «Igiene», Diari intimi)

sabato 18 febbraio 2012

Perché va così, di questi tempi, per me.

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Campionessa mondiale di dispersione.
Mettiamo un cane al posto del gatto e
togliamo il sorriso dalle labbra.


domenica 22 gennaio 2012

Campionesse di atletica leggera (anni '70-80)

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 Questo post è per quelli che non hanno conosciuto quell'epoca. E per noi che l'abbiamo attraversata e siamo qui.

Stadio dei Marmi (Roma)

* * *

Innanzitutto un omaggio a Gabriella Dorio, che è stata la campionessa degli 800 metri piani (nonché di quella gara formidabilmente dura ed esaltante che all'epoca si chiamava corsa campestre), dei 1500mt e degli indoor - dei tempi miei. 
Ho avuto modo di conoscere fuggevolmente Gabriella,  proprio durante i campionati nazionali di corsa campestre all'Isola Liri (Cassino), quando al termine della durissima competizione (corremmo sotto una grandinata formidabile), lei vinse e io arrivai con un ramo di rovo irto di spini (di cui non m'ero accorta), impigliato nelle gambe. Che anno era? Il 1973 o il 1974, forse.
Lei stava stappando una bottiglia di spumante e festeggiando la vittoria, ma vedendomi con le gambe piene di sangue mentre mi dirigevo verso una fontanella di fortuna, si fermò, posò la bottiglia e andò a cercare dell'alcool insieme con del cotone idrofilo (all'epoca eravamo persone semplici). E mi disinfettò lei, la neocampionessa italiana, facendomi coraggio e dicendomi che non era niente, solo un po' di bruciore che sarebbe ben presto passato.
«Festeggia con me la mia vittoria», fece poi, porgendomi lo spumante in un bicchiere di plastica.
Questa è Gabriella Dorio, classe 1957, un poco più bassa di me, gli stessi chili (55), coi suoi ricci composti di ragazza campagnola del nord.



Un ricordo triste: Florence Griffith-Joyner, classe 1959. Di lei ricordo la falcata possente, con quelle cosce da centista, un fondoschiena consistente come dev'essere per chi corre quella distanza. E le unghie lunghissime, ricurve, che mi ricordavano quelle dei pappagalli e che lei laccava con rossi possenti o con blu ultramoderni. Vincitrice su tutto, tranne sulla prematura morte. Dissero che era epilessia, dissero che era il cuore che non andava. Dissero che erano le sostanze dopanti. Non so. Ma un'atleta come lei che muore all'improvviso, durante la notte, a 38 anni, mi suona come un ossimoro.


Il grande dubbio: Jarmila Kratochvilova (classe 1951) che per una vita ho pensato fosse (chissà perché) polacca. E invece era ceca. Anzi, all'epoca: cecoslovacca. E al solo vederla, tutti noi a dirci: «Ma è un uomo!», con quel fisico possente (in realtà, solo 1,70 su 68 kg), che  ricordava i cavalli bretoni, da tiro, pesanti ma rapidi (tutto un ossimoro). E a chiederci: che razza di droga userà?
Sarà un caso ma il suo record nei 400 indoor che risale al 1982 è tuttora imbattuto. 
Si scoprirà più tardi che le vitamine, le pillole blu date alle giovani (molte delle quali ancora minorenni) atlete DDR erano in realtà steroidi anabolizzanti (1) come il famigerato Oral-Turinabol (sarà ancora in vendita?).

Jarmila Kratochvílová
il video (un secondo per mostrare la potenza nella "rimonta",  qui):

sì, sì, sono tutte e due donne (all'epoca non ci si depilava le ascelle)

E poi c'è Marita Koch (poi Marita Koch Meier). Classe 1957, alta come le altre, 62 kg, sicuramente donna ma senza riuscire a essere femminile, atleta pressoché imbattibile di quella incredibile DDR che ci lasciava di sasso, in un'epoca in cui le sue atlete vincevano 1 oro su 3, quando eravamo affascinati dal più bell'inno nazionale (clicca qui) che abbia mai sentito, di che scattare in piedi e mettersi sull'attenti, fieri di essere tedeschi dell'Est. Il record sui 400 mt piani di Marita è tuttora imbattuto (risale al 1983). Ditemi voi.


Marita Koch (la biondina a sinistra; l'altra è la polacca Irena Ezewinska, classe 1946 alta 1,75)
Il video con Marita campionessa dei 400 nel 1978:


________
(1) «Ancora oggi, a vent'anni dalla riunificazione, diversi ex atleti della DDR, soffrono di cardiopatie, disfunzioni epatiche e diverse forme di cancro. Naturalmente si parla di coloro che sono ancora in vita. Molti campioni sono morti.» (Fonte: Laura Lucchini, La guerra fredda si vinceva con gli steroidi, L'Unità, 22/09/2010)

lunedì 16 gennaio 2012

Ricetta: Aumônières caprine di broccoli e mandorle

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Intanto diciamo che - nel suo significato originario - aumônière indicava  una sacchetta che nel Medioevo si portava attaccata alla cintura ed conteneva il denaro da dare ai poveri (it. elemosina [etimol. latina: avere pietà, compassione] = fr. aumône). Oggi, nel lessico culinario la parola sopravvive con diverso significato, in ragione della forma che prende - un fagottino o sacchetto - la pasta ripiena.
In italiano, forse si dice saccottini, sacchettini, fagotti e fagottini, non so. Io li chiamo bomboniere.


petit chèvre en aumônière (bomboniera ripiena di caprino e broccolo)


La ricetta prevede dunque un sacchetto di pasta con sulla sua base una rondella di formaggio di capra (di quello tondo), broccoli siciliani e una mandorla in sommità. Il tutto da mettere in forno. La preparazione è un po' lunghetta, ma estremamente facile.

Prima cosa da fare:  preriscaldare il forno a 180°C.

 Ingredienti per 6 bomboniere caprine

1 confezione di pasta filo (fillo) o brick (quella francese contiene 8 fogli)
le cimette di 1/2 broccolo siciliano (salate, lessate e scolate)
1 mandorla per ogni bomboniera (max 6)
1 rondella di formaggio caprino (io uso questo)
1 filo di panna liquida
1 pugno di emmenthal (o groviera) grattugiato a fili così 
qualche bacca rosa, schiacciata grossolanamente (clicca qui) - optional -
sale, pepe
filo da cucina
2-3 fili di ciboulette (o altro per decorare l'aumônière oppure, in mancanza di meglio, stuzzicadenti)




Preparazione




Mettere a temperatura ambiente i fogli circolari di pasta brick.


«Sacrificare» uno dei fogli facendo tanti tondi da mettere al centro dei restanti fogli, al fine di rinforzare la base. Spennellare di olio i fogli.
Su ogni foglio spennellato di poco olio e rinforzato dal tondo (se molto liquido, lasciar perdere il "tondo" e prevedere da subito 2 fogli) mettere al centro: un tondo di formaggio di capra (prendendo il formaggio circolare è molto facile tagliarlo a rondelle), mettere sopra 3-4 cimette di broccolo (dipende dalla grandezza delle cime), 1 filo di panna liquida, un po' di sale, le bacche rosa triturate alla bell'e meglio, un pugnetto di emmenthal grattugiato alla julienne.




Chiudere a saccottino il tutto con l'aiuto di un filo da cucina aut similia (io non l'avevo, ho usato un filo da cucire tout court) . Infornare per 8-10 minuti quando tutto sarà ben dorato (controllare cottura: la pasta non deve diventare troppo scura).




Tirare fuori dal forno, sostituire il filo da cucina con ciboulette (erba cipollina, come nella foto) oppure un nastro fatto con la scorza d'arancia o ancora con un nastrino di raso. Servire IMMEDIATAMENTE con un contorno di insalata mista ben fresca.(©le foto dei sacchetti a bomboniera sono mie).