Però è vero che vivo come narcotizzata.
È un modo come un altro per non sentire il dolore. Qualcosa arriva sempre, a tradimento, ma quando si è sotto anestesia, quel che si sente – ed è molto – si ferma in superficie e allora non si diventa matti.
È come se vivessi in una bolla, anzi, a dire il vero, in molte bolle. O stanze chiuse, le cui chiavi mi vengono messe a disposizione secondo uno scadenzario mestruale.
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