Trg Bana Jelačića (photo by @rteJS)
Ora che l'ho perduta, questa terra, ora che non ci tornerò più, posso permettermi di rimpiangerla. Di lasciarmi andare alla nostalgia. Ma la nostalgia è il rimpianto della patria (nostos) da cui si è lontani. E io non sento di avere una patria lontana: mi manca l'Italia quando sono in Francia e viceversa. L'ho già scritto, sto bene solo sui cieli, nel tratto che mi separa da un luogo all'altro.
E poi, non sono mica croata!
Dicevo, questa terra, la Croazia. Ho scelto una delle ultime foto scattate a Zagabria, nella piazza principale, la Jelačića, presa in un'insolita mattinata illuminata dal sole. Tutto appare più gaio. E superficiale.
Eppure una parte della mia anima è quel che è anche grazie (o per colpa) della terra croata. E delle persone che vi ho incontrato, di quelle che ho amato. E soprattutto di quelle (poche) che amo ancora.
Ricordo il pomeriggio in cui arrivai per la prima volta. L'addetto culturale che sfoggiava parole e pronunce che a me parvero impossibili: leggevo ulica e l'addetto mi correggeva ulitsa!, dicevo cesta e quella: tsesta! Mi dicevo: "Non imparerò mai". E invero, ho imparato poco e male, ma sono sopravvissuta.
E questa grande piazza che ho nel cuore e nella mente (potrei citare a memoria l'avvicendarsi di negozi), dedicata a un bano (signore, governatore, condottiero) morto pazzo (notizia non attendibile: relata refero), presenta una statua equestre che nel volgere dei secoli è stata spostata di direzione: ora la spada del bano minaccia l'Ungheria, ora (proprio ora) l'Italia. E tutti si danno appuntamento lì, tra la statua e quell'orologio che nella mia foto (cliccandovi sopra si ingrandisce a tutta pagina) segna le undici meno un quarto .
E guardando la pubblicità dell'Olympus, ripenso a quando leggevo (u) akciju e non capivo che significasse (in)"promozione, offerta"... E penso all'antistante hotel Dubrovnik, in cui ordinai il mio primo kavu sa slagom (lo so, manca l'accento diacritico sulla *s* di *slagom*)...
Basta, mi fermo qui, per stasera. I ricordi si fanno troppo pressanti. E poi come dice James Bond? Never Say Never Again.
Appunto, non si sa mai; magari ci torno.
__________
Al solito, cliccando sulle parole sottolineate, si vedono foto (altrui) esplicative.
Ora che l'ho perduta, questa terra, ora che non ci tornerò più, posso permettermi di rimpiangerla. Di lasciarmi andare alla nostalgia. Ma la nostalgia è il rimpianto della patria (nostos) da cui si è lontani. E io non sento di avere una patria lontana: mi manca l'Italia quando sono in Francia e viceversa. L'ho già scritto, sto bene solo sui cieli, nel tratto che mi separa da un luogo all'altro.
E poi, non sono mica croata!
Dicevo, questa terra, la Croazia. Ho scelto una delle ultime foto scattate a Zagabria, nella piazza principale, la Jelačića, presa in un'insolita mattinata illuminata dal sole. Tutto appare più gaio. E superficiale.
Eppure una parte della mia anima è quel che è anche grazie (o per colpa) della terra croata. E delle persone che vi ho incontrato, di quelle che ho amato. E soprattutto di quelle (poche) che amo ancora.
Ricordo il pomeriggio in cui arrivai per la prima volta. L'addetto culturale che sfoggiava parole e pronunce che a me parvero impossibili: leggevo ulica e l'addetto mi correggeva ulitsa!, dicevo cesta e quella: tsesta! Mi dicevo: "Non imparerò mai". E invero, ho imparato poco e male, ma sono sopravvissuta.
E questa grande piazza che ho nel cuore e nella mente (potrei citare a memoria l'avvicendarsi di negozi), dedicata a un bano (signore, governatore, condottiero) morto pazzo (notizia non attendibile: relata refero), presenta una statua equestre che nel volgere dei secoli è stata spostata di direzione: ora la spada del bano minaccia l'Ungheria, ora (proprio ora) l'Italia. E tutti si danno appuntamento lì, tra la statua e quell'orologio che nella mia foto (cliccandovi sopra si ingrandisce a tutta pagina) segna le undici meno un quarto .
E guardando la pubblicità dell'Olympus, ripenso a quando leggevo (u) akciju e non capivo che significasse (in)"promozione, offerta"... E penso all'antistante hotel Dubrovnik, in cui ordinai il mio primo kavu sa slagom (lo so, manca l'accento diacritico sulla *s* di *slagom*)...
Basta, mi fermo qui, per stasera. I ricordi si fanno troppo pressanti. E poi come dice James Bond? Never Say Never Again.
Appunto, non si sa mai; magari ci torno.
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Al solito, cliccando sulle parole sottolineate, si vedono foto (altrui) esplicative.
3 commenti:
Káva se šlehačkou, dalle parti della mia nostalgia, così simile alla tua. Io "mai" non ho ancora il coraggio di dirlo..
Non farlo! Sai che in questi giorni di Olimpiadi, quando vedo un atleta della Lettonia, mi sembra meno esotico?
:-)) E io che manca poco che faccia il tifo per lettoni e cechi anche quando giocano contro gli italiani?
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