domenica 31 maggio 2009

Nemico, Amico, Amante... di Alice Munro


E pensare che, a causa del battage pubblicitario e adorante nei confronti della anziana canadese, non lo volevo leggere.

Ho affrontato dunque la lettura di contropelo, ruvidamente, non concedendo/le/mi nessun vantaggio. Tutto in salita.

E se durante la lettura di uno dei racconti mi accorgevo che mi piaceva, poi - arrivando al suo epilogo - mi chiedevo che cosa ci avessi trovato, mentre passavo prontamente a un altro.

E' solo con Fiona e Grant, Marion e Aubrey - in quelle che sono le false (sconvolte, rovesciate) Affinità Elettive canadesi -, vale a dire leggendo The Bear came over the Mountain, che mi sono arresa.

Nell'ultimo racconto.


Alice Munro


venerdì 29 maggio 2009

Pettegolezzo (artistico): Jo, James e Gustave

La modella Jo (1843 ca. - 1903)

Jo (by Whistler)


Premesso che
Courbet m'è profondamente antipatico

Courbet (autoritratto)

e che

Mc Abbott Whistler non mi è simpatico,

Whistler (autoritratto)

la Hiffernan, insomma Joanna, Jo - la bella Irlandese -

(Jo by Whistler)

che ci avrà trovato nei due?

E soprattutto perché avrà abbandonato
James per Gustave, conosciuto a Trouville?


(Jo e James by Whistler)

L'ha pure imbruttita, sulla tela.

La belle Irlandaise (by Courbet)


(Per motivi tricologici, non ritengo che sia suo il "sesso" de L'origine del mondo di Courbet)

Jo (by Whistler)

E poi che fine avrà fatto? Lei, dico. Circolano voci discordanti.


martedì 26 maggio 2009

Il calvario di Alain de Monéys raccontato da Jean Teulé

Quando viaggio in metropolitana o nel trenino che mi porta da Saint-Cloud a Saint-Lazare, leggo un po' come tutti i quotidiani gratuiti.
E poi se è il caso, strappo qua e là articoli che mi sembrano interessanti.
Questo, per esempio.


Jean Teulé (cr. foto), il touche-à-tout, cronista, romanziere, sceneggiatore, attore, fumettista, colui che ha appena finito di scrivere Je voudrais me suicider, mais je n'ai pas le temps ("Vorrei suicidarmi, ma non ne ho il tempo"; titolo geniale di una BD, biografia di Charlie Schlingo), è appassionato autore di romanzi biografici (anche perché vendono bene, aggiungo io).


Tra le biografie che ha scritto, mi ha colpito la storia di Alain de Monéys (Mangez-le si vous voulez, [Se volete, mangiatelo], Juillard, 2009). Non garantisco dell'autenticità, né mi interessa.
Traduco quel che diceva il trafiletto promozional pubblicitario. La sintassi è quella del giornalino; non la correggo.

"[...] Nel suo nuovo libro, Jean Teulé si interessa a un sordido e praticamente sconosciuto fatto di cronaca della storia francese: la morte di Alain de Monéys, il 16 agosto 1870, massacrato dalla folla che l'accusava di essere - senza fondamento alcuno - un prussiano.

Questo giovane nobile del Périgord, noto per la sua generosità, appena eletto consigliere municipale - e all'unanimità -, quel giorno s'era recato alla fiera di Hautefaye, il paesino vicino. Nell'atmosfera di paura generale, alimentata dalle disfatte a opera della Prussia, un malinteso avrebbe fatto precipitare la situazione.

Alain de Monéys si ritrova additato come nemico della patria, quando tutti coloro che lo conoscono sanno che era partito volontario per il fronte.

Verrà linciato, torturato, bruciato vivo e persino mangiato dai paesani impazziti".


Périgord

Ecco. Poi diciamo la violenza di oggi.

_______
Rimando francesi e francofoni a questo link.

lunedì 25 maggio 2009

Il nuovo film di Almodovar : Abbracci spezzati (2009)

Se qualcuno di voi ha voglia di leggere quel che ho scritto sull'ultimo film di Almodovar (che in Italia uscirà in ottobre), clicchi qui.
Attenzione, ci può essere rischio di anticipazione.
Metto qui il trailer (è muto):


giovedì 21 maggio 2009

L'amore degli animali verso di noi

Sta circolando su facebook, mi rendo conto, annoierò chi l'ha già visto, ma... siccome a me è capitata la stessa cosa con un gatto rincontrato dopo 2 anni...
E poi vedo i segni di affetto del mio beagle che sono gli stessi di un leone (con qualche differenza di peso e di pericolosità. Per quanto le unghie di Mustang lascino segni abbastanza evidenti sulle braccia):



secondo video sempre con leone:

martedì 19 maggio 2009

Come si scrive una lettera. Lezione n. 1


V
olevo fare la spiritosa, intitolando il post The pen is on the table, per ridere delle ovvietà, per sminuire il tono apparentemente (o per davvero) saccente... poi mi son detta:
E se lo spazio tra *pen* e *is* dovesse annullarsi?
E se si pensasse che si tratta di una lezione di inglese (di cui conosco forse - e sottolineo forse - due frasi)?

Ricominciamo, non ci arrendiamo (tanto per citare Lars Gustaffsson).

Questo breve (speriamo) post è dedicato agli incipit delle lettere. Per gli stranieri che hanno altre regole. E per gli italiani che hanno dimenticato come si principia una lettera. O che proprio non lo sanno.


scena film Le fabuleux destin d'Amélie Poulain

Regola n. 1

Quando si vuol (o si deve, per cortesia, per educazione) rispondere a un altrui messaggio, è buona regola rispondere nella stessa maniera.
Sms-sms, telefono-telefono, mail-mail, lettera-lettera.
Si può anche rispondere con un biglietto o una cartolina a una gentilezza altrui di altra materia.
Oppure semplicemente perché si ha voglia di dare un segno di noi a qualcuno.
La buona regola vorrebbe che lo scritto fosse manoscritto (parlo di materiale cartaceo, ovviamente), ma se si possiede una pessima grafia, meglio ricorrere alla scrittura meccanica della macchina per scrivere o pc.

Regola n. 2


Lettera-mail (il caso più ricorrente)
Non potendo personalizzare con la propria grafia, facciamolo con la scelta del carattere.
I più belli sono Garamond e Bookman, per me. Tahoma è amministrativo. Courier scolastico. Giorgia rassicurante. Arial aggressivo. Verdana insipido. E così via.

Passiamo all'impaginazione (e sono ancora solo alla fase formale!).
Molto meglio se la pagina la predisponete in formato giustificato, con interlinea 1,5 (anche se io uso 1, ché scrivo tantissimo). La grandezza del carattere dipende dal carattere stesso (tra il 12 e il 14, direi).

Regola n.3

E veniamo all'incipit, all'esordio, all'appellativo con il quale rivolgervi al vostro interlocutore.

Non state scrivendo una lettera commerciale, ma state comunque scrivendo a una persona con cui non avete rapporti di intimità.
Indipendentemente dal fatto che le darete del Lei, come rivolgersi a questa persona nell'appellativo iniziale?

In Italia, bisogna tener conto del titolo di studio o professionale che la persona ha, soprattutto se è in virtù di quel titolo che voi vi rivolgete a suddetta persona.

Es. Scrivete a:
un funzionario/a,
professore/essa univers. e non,
ingegnere,
ragioniere,
geometra,
avvocato, etc.?

Inizierete con un

Gentile oppure Gentilissimo/a
[eventualmente: Gent. Gent.mo/Gent.ma]

Dott. Dott.ssa
Prof. Prof.ssa,
Rag.
Ing.
Geom.
[tutto per esteso o abbreviato]

seguito dal cognome.

Se il vostro corrispondente non ha titoli di studio o di professione, o ancora se voi ignorate quale (e se ne) abbia, allora - in tal caso - scriverete:

Gentilissimo Signor/Signora Vattelapesca
(Rossi, Bianchi, Neri, Verdi)

No, non vi fucileranno se sbagliate, ma sarete maleducati.
Certo, si può VOLER essere maleducati, ok, ma è meglio evitare di esserlo inconsapevolmente, no?

Nel caso in cui siate dei colleghi, scriverete Gentile Collega (dico la verità, io la formula "gentile collega", la uso alla seconda replica di lettera, mail, biglietto, cartolina).

Basta così per questo primo (e probabilmente) ultimo volet.
Noioso, noiosissimo.
Però magari a qualche straniero o straniera sarà servito.

Dimenticavo: Se vi rivolgete a quello che per voi è un Maestro (regista, scrittore, poeta, scienziato), avete due possibilità, potete scrivere:
1. Caro Maestro (incipit da ammiratore)
2. Gentile XY (nome + cognome)

__________

N.B. Egregio e Distinto oltre a fare un po' "vecchiotto", sono propri della corrispondenza commerciale, non di quella personale.


lunedì 18 maggio 2009

La prof va al convegno

Parafrasando il titolo italiano di un bel romanzo di David Lodge (Small word, tit. or.)...
(Ripensandoci: la prof torna dal convegno)


Colloque international

Fascisme et critique littéraire.
Les hommes, les idées, les institutions.

Caen, 14-15 mai 2009
MRSH salle 005




Un appallottolamento di colleghi maschi (sulla destra). Io sola soletta sulla sinistra



Angelo D'Orsi (Presidente di sessione) e me che intervengo su:

Bontempelli et le régime fasciste
ou de l'utilisation de l'identité nationale
dans son anthologie scolaire "OGGI"



Ancora noi. Le foto sono di Francesca Chiarotto.


* * *

Eccomi qui. Una collega mi ha preso a tradimento
(tutti gli altri, li ho fotografati io)

Buchi della memoria


A volte, come flash, mi tornano in mente volti, meno spesso nomi.
Tutta colpa di facebook!
E son giorni che mi accanisco a ricordare il nome di due persone... nulla.


Ma che razza di memoria selettiva del cavolo ho?

sabato 16 maggio 2009

Botta di nostalgia: El pueblo unido jamas sera vencido

Una botta di nostalgia.




Quante volte cantata, questa canzone, quante volte durante il liceo. Non ha più un significato politico, come forse per me non ne aveva nemmeno allora: era l'inno della nostra gioventù. E oggi mi ricorda quella spensierata gioventù, quella poesia che era in ogni nostro atto, ogni nostro pensiero. Perché essere giovani - allora - significava essere puri.

Non che oggi mi senta molto diversa, solo c'è un po' di spirito désabusé, un grammo di cinismo, quattro once di malizia, e parecchi chili di stanchezza. Una purezza opaca, insomma.

Eppure non tornerei mai indietro. Vado avanti serenamente.

Skype or not Skype?

Not Skype.



Non rispondo agli sconosciuti.
Li blocco, come Oriali.

Sono stata chiara, ora?


martedì 12 maggio 2009

Compleanno di Burt Bacharach

Oggi è il compleanno di Burt Bacharach: 81 anni.

Tanti auguri, mio caro maestro che con le tue melodie mi accompagni dacché ho 15 anni. E mi hai risollevata tante e tante volte dalla mia struggente malinconia.
Grazie.

lunedì 11 maggio 2009

Comitato Lettura Premio Calvino Edizione n. 22



Tutta colpa di Bartleboom.

Non mi ero mai sognata di partecipare a suddetto premio. Intanto perché non rientro nella "scrittura calviniana", poi perché conoscevo alla lontana lo stile vincente dei precedenti premiati e sapevo di non scrivere in-quella-maniera-lì.
Ma la vocina che si autocompiace a volte urla e così scettica al massimo ho preparato il pacchetto con alcuni miei raccontini. E ho spedito il tutto.
Il 7 maggio ho ricevuto per via mail la risposta.
Che non ho osato aprire prima di adesso.

Un po' per autoludibrio, un po' per spirito di contestazione, pubblico qui il commento del Comitato di Lettura. Anche per dire in che cosa non sono d'accordo.

Ecco di seguito il giudizio (lo leggo anch'io ora con voi per la prima volta - qualche anticipazione me l'ha data il coniuge in sintesi - , ché non ho piacere a affondare la lama nelle viscere):


Certe umane derive è una raccolta di testi colti, raffinati ma divaganti, specialmente i primi, che sono poi gli ultimi scritti in ordine temporale.
L'autrice in alcuni testi ricostruisce brevi momenti della sua vita, parlando si sé, di chi le sta attorno, di incontri con letterati e amici, di vacanze.
Più che racconti questi testi sembrano divagazioni giornalistiche a metà tra il privato e la cronaca letteraria; pur avendo qualche momento narrativamente efficace, risultano testi di completamento di una attività letteraria, quasi delle postille.
Gli ultimi quattro, che hanno un più marcato carattere di racconti, paiono tentare modelli narrativi diversi.
La madre di mio zio è la ricostruzione di un ambiente, di personaggi della propria storia familiare in un momento cruciale durante l'ultima guerra mondiale: il figlio maggiore è partito prima come soldato, e poi è stato deportato in un lager. L'autrice, dopo una parte iniziale forse un po' superflua, fa un efficace ritratto della madre attraverso la descrizione dei suoi gesti trattenuti e delle sue emozioni.
Il racconto successivo [Fuochi d'artificio, n.d.r.] è il ritratto di un finanziatore di Manet e degli impressionisti.
Scegliendo questa ottica particolare l'autrice ricostruisce un ambiente, delinea i personaggi e lo fa con una certa efficacia.
In Calzettoni bianchi, scarponcini blu ritornano temi autobiografici.
Completamente diversa è invece la tecnica narrativa scelta per Fiocco nero.
Qui l'autrice usa una struttura narrativa anche molto usata dal cinema contemporaneo: l'intrecciarsi di storie diverse attorno ad un avvenimento preciso, senza che queste vengano mai effettivamente in contatto, o che i personaggi si conoscano.
La scrittura è colta, molto raffinata, e merita quindi attenzione, suggeriamo però all'autrice di puntare su una maggiore omogeneità dei testi.
Il Comitato di Lettura


Ho letto tutto. Pensavo peggio. Non ho nulla da contestare. Anzi, ringrazio per l'attenzione il Comitato.
Vorrei però entrare nello specifico (lo faccio per me. Se vi annoiate, uscite da questo post, ché ora comincio a ingarbugliarmi un discorso su quel che penso siano e debbano essere testi di questo genere).
Intanto, qualche precisazione:
Non c'è nessun finanziatore di Manet. C'è un pittore che amo, Frédéric Bazille, che semmai aiutò Oscar-Claude Monet. La *madre* non è la madre, bensì la *nonna* (madre di mio zio). E il titolo di uno dei "racconti" è *Calzerotti* (bianchi) e non *Calzettoni*.


In nessuno dei testi menzionati, a parte in minima parte quello che riguarda mio zio, c'è autobiografia.
Io l'autobiografia la faccio quando scrivo i saggi o un articolo letterario, figurati un po'.

Ipotesi: nel comitato di lettura ci sono i nègres, giovani ragazzi che debbono farsi le ossa e che però di metaletteratura, di biografia e di autobiografie fittizie san poco o nulla.
C'è ancora qualcuno nel mondo che pensa che basti mettere un "Io", oppure dare i propri tratti somatici a un personaggio, per fare autobiografia, per raccontare i fatti propri?

Sì, evidentemente.
In realtà, son tutti pretesti. Uso quel che è a disposizione per coprire - oserei dire per rivestire - l'anima, l'interno, l'impalcatura del testo (che è quel che più mi interessa). Quel che conta è in quel che non è scritto, è nell'attesa, e la storia prende fine quando l'assenza si fa presenza (grazie, Todorov).

Si è capito che sono raffinata. Si è capito che scrivo in maniera colta.
Se c'è una cosa che non faccio quando scrivo qualcosa che abbia una qualche pretesa letteraria è di scrivere in maniera colta e/o raffinata. Scrivo in maniera pressoché banale (corretta, ma piatta). Abolisco l'aggettivo qualificativo, tanto per dire.
Ascolto canzonette pop, quando scrivo.
Ho in mente Silvio D'arzo, quando scrivo. Ari-figurati.

Stile giornalistico, postille. Insomma chi sono, una specie di Arbasino o di Eco? Mettiamoci d'accordo. Sinteticamente, la mia scrittura sarebbe - se ho ben capito - definibile così: raffinata superficiale e sbrigativa, snob concentrata su di sé. Oddio, qualcosa c'è o ci sarà di tutto questo.
Ma continuando nel "io me la canto e io me la suono", ci terrei a dire che io non scrivo racconti, bensì novelle.

E se si fa la giusta differenza tra le due cose (non vi preoccupate, non vi ammorberò con codeste [fatemi fare la raffinata, please] sfumature), si capisce come e perché le storie sono flash, non hanno inizio e non hanno fine, solo il troncone centrale. Ma che troncone.
Insomma: sono novelle, non racconti.


(Il coniuge mi ha chiesto: perché hai messo una foto tua, qui? Risposta mia: perché io" ci metto la faccia")

Infine: omogeneità dei testi in una raccolta?
E perché mai? Posso dirlo con tutta la mia raffinata cultura? Sììììì?!?!?
Beh, l'omogeneità - nella vita come nella scrittura - ... Sai che palle.
A me piace l'eterogeneità. Sempre.

martedì 5 maggio 2009

A che ti serve una Mercedes da 90.000$ se non hai la benzina?


Ho visto in DVD (versione originale sottotitolata in francese) un film che mi son persa 2 anni fa: LIONS FOR LAMBS.

A parte che mi è piaciuto immensamente (è stato detto che è un " film a tesi", come se fosse una parolaccia. Non è un film a tesi, è un film che prende posizione, è didattico, ma caspita, a volte, bisogna metterle giù le idee per filo e per segno, sennò non vengono capite), a parte questo dicevo, vorrei tanto che lo vedessero i miei studenti.

Perché son stanca di constatare che i giovani [penso ai miei studenti, ma non solo ] vedono ma non guardano, sentono ma non ascoltano, e sprecano il loro potenziale.

Sono anche abbastanza stufa (da qualche anno a questa parte)- ANCHE SE CONTINUERO' A MARTELLARLI - di urlare che passione e fiducia nelle loro capacità sono le basi dell'apprendimento.

E continuerò a pensare che il cielo bisogna andarselo a prendere, in maniera lecita, ma impegnarsi ad arrampicarsi nel vuoto.

E di volere il massimo da se stessi, di non accontentarsi quasi mai, di non lasciarsi andare sul terreno della superficialità, ché ci son altri con il sedere tappezzato di moquette, con un futuro preparato e che loro - loro che hanno solo se stessi - possono tentare di farcela solo se saranno i migliori (migliori, dal mio punto di vista). E questo non c'entra nulla con un futuro lavoro pieno di soldi. Altrimenti significherebbe non aver capito proprio nulla del mio discorso.




Come dice il prof (Redford) al talentuoso studente fannullone che ha: A che ti serve avere una Mercedes da 90.000 $ se non hai la benzina?

E poi i fallimenti del prof - lo sherlock holmes delle potenzialità - sono anche i miei. Ma a me interessa anche il lato umano dei miei studenti, non soltanto il potenziale... Ne baissez jamais les bras...


venerdì 1 maggio 2009

La primavera (universitaria) di Zagabria

l'albero che penetrava nella mia cucina di Zagabria

Erano anni che non succedeva. Mi chiedo anzi quando è stata l'ultima volta. Se ce n'è stata una. Di certo, sì, di sicuro. Magari quando avevo 10 anni.
Mai visto uno sciopero in Croazia, mai sentito qualcuno protestare ad alta voce (o meglio sì: ma pochissime volte).

Insomma, a Zagabria accadono cose inaudite: dal 20 aprile, la facoltà di Lettere e Filosofia è occupata.

Queste le motivazioni (faccio un po' di sintesi, ma copio&incollo) da: http://slobodnifilozofski.org/ che è redatto in 9 lingue.


photo by Jacqueline Spaccini

"Nel momento in cui il diritto all’ all’istruzione uguale per tutti viene tacitamente soppresso con un decreto amministrativo, impostoci senza alcun precedente dibattito pubblico, nonché con una formale espressione burocratica di “partecipazione nelle spese universitarie” - sebbene questo diritto sia confermato /dichiarato quale obiettivo civile universale ed obbligatorio anche nella Dichiarazione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite - ci sentiamo in dovere di difendere questo diritto, non soltanto a nome nostro, ma anche a nome della società in toto. Consideriamo che il diritto all’istruzione sia un elemento costitutivo di ogni democrazia degna di tale nome."

"Chiediamo l’abolizione di tutte le forme di tassa universitaria a tutti i livelli d’istruzione: di laurea triennale, di laurea specialistica e di dottorato di ricerca. Il sistema fiscale attualmente in vigore deve essere una fonte sufficiente per garantire diritti elementari e istituti di giustizia sociale e di uguaglianza. Chiunque sostenga che questo non sia possibile entro l’attuale sistema fiscale, non fa che confermare la palese necessità di modificare radicalmente le politiche che hanno creato tale sistema.

Invitiamo tutti gli studenti, tutti i docenti, a anche tutti i cittadini ad esprimere la loro solidarietà, perché l’istruzione accessibile a tutti non è soltanto nell’interesse degli studenti, ma lo è anche a beneficio del futuro dell’intera società".

Il comunicato stampa (il primo) termina con questa frase:

L'UGUAGLIANZA NON E' IN VENDITA
(slogan qui da noi, ma non credo lì da loro)

E infatti se quando intrapresi i miei studi universitari tale diritto non fosse esistito, non avrei mai potuto fare la cosa che amo di più: studiare.

E dunque: forza ragazzi!



Luca De Filippo: Filumena Marturano

Perché amo Eduardo.
E Filumena.
E anche perché a 17 anni ero innamorata di Luca (di cui conservavo un ritaglio nel mio diario - all'epoca, lui portava i capelli lunghi e aveva solo 27 anni).

Bellissima pièce.