Forse è tempo che mi smarrisca.
Che vada indietro in quell'epoca in cui non voglio tornare, che mi decida ad entrare dentro di me, senza intellettualismi di sorta.
Che vada indietro in quell'epoca in cui non voglio tornare, che mi decida ad entrare dentro di me, senza intellettualismi di sorta.
Forse è tempo che torni ad avere sei anni e mezzo, quando i miei capelli erano tagliati cortissimi da una mamma che combatteva tutti i giorni per districarmeli e non ce la faceva più a sentirmi piangere per il dolore che mi procuravano i nodi.
Tempo di andare in un luogo in cui mi sentivo infinitamente sola; tanto, troppo sola, nonostante i miei fratellini.
Di andare a recuperare quella bimba che piangeva dentro di sé e non faceva veder nulla all'infuori. E darle la mano. E accompagnarla perché non si senta troppo sola.
Debbo tornare a quel 1° agosto 1964, dentro a un pullman che mi portava via dalla mia famiglia. Ed era la prima volta. Basta che per un attimo mi lasci andare e di nuovo, immediatamente, sento in bocca quel gusto orribile dell'orzo che da allora non ho più voluto bere.
Chissà se ci riuscirò.
È da tanto che non sono più in contatto con me stessa, con quella bimba lì, troppo fragile, troppo buona, troppo brava e con una gran paura addosso di disturbare anche chi l'amava.
Jacki, non solo è scritto benissimo e sto mezza piangendo.
RispondiEliminaHai anche ragione.
Pensa che invece io ho pianto per tutto il tempo che ho scritto 'sto post qui.
RispondiEliminaE si sente Jacqueline.
RispondiEliminaSenza parole. E con una gran voglia di abbracciarti.
RispondiEliminache bello scoprire che ci sono ancora persone come te. Un abbraccio.
RispondiEliminaCome sempre, Isotta ha ragione (che palle !!!!)
RispondiEliminaVéro
Vento e Véro: un abbraccio ricambiato.
RispondiElimina(Véro, scusa per il caffè mancato: non volevo svegliarti)
ho conosciuto un altro po' di Jaqueline...
RispondiElimina:*