domenica 27 aprile 2008

Ti racconto un quadro: Marianna di Everett Millais

























Fruscio d’acque. Medioevo futuro

Dalla vetrata istoriata, l’angelo non sembra più rivolgersi alla Vergine beata stamattina: il suo dito ammonisce severo Marianna. L’oro delle piume e il candore dei piedi nudi non riescono ad mitigarne lo sguardo che, come dardo, offende la languida figura della giovane donna.

Solo il blu velluto del suo abito infatti l’osteggia, ergendosi a difensore della donna ch’esso veste; Marianna inarca indolentemente la schiena all’indietro. È stanca.

Ode un fruscio d’acque: è il ruscello che scorre verso il basso. Ormai l’autunno è padrone incontrastato del giardino selvatico che circonda la sua casa e alcune foglie d’acero sono penetrate chissà come dalla finestra giacendo come barche in secca sul tavolino sottostante. La notte è stata lunga e insonne e la giornata che è appena sorta si preannuncia implacabile.

Marianna non ha tregua, davanti a sé due sole vie: cancellare Angelo, l’ipocrita sposo o aver di lui pietà e perdonarlo.

In nome di Dio, pensa.

La cintura che sottolinea la vita snella pesa come ferro insanguinato e il fulgore delle gemme preziose non l’ingentiliscono, stamani. Lei si acconcia come meglio può i capelli e sfiorando il cuoio capelluto conficca con vigore studiato la forcella di rame nella chioma color del miele… Che fare? Che fare?

La virtù di Angelo s’è svelata alfine come mera ipocrisia: non era lei che amava, bensì l’apparente armonia sociale della vita coniugale. Di lei e del suo casato s’è servito spudoratamente. È tempo di spengere il lume che le ha tenuto compagnia durante la notte abortita. È stanca, Lady Marianna. Ha ripercorso nel buio sconsolato la storia dell’idillio in cui Angelo era l’uomo dei principî, l’uomo ideale. Suo marito.

In nome del suo rigore, lei gli aveva perdonato il carattere brusco e violento, l’irascibilità, le giornate passate in silenzio lontani uno dall’altra quando lui partiva a cavallo per darsi alla macchia (a caccia di caprioli, diceva) nei boschi di Nottingham, ma in realtà per smaltire la rabbia che covava contro di lei, rea di chissà quale crimine…

Ora Marianna sa che Angelo è un vile, un traditore ben nascosto sotto sembianze virili. Ha paura persino di ammetterlo con se stessa: un traditore della Patria, una spia che cospira col nemico, ecco chi è suo marito. Ma traditore lo è anche nei suoi confronti: quel che le era parso un angelo s’è alfine rivelato essere un demonio. Denunciarlo alle autorità? Persino la Bibbia la giustificherebbe: “occhio per occhio, dente per dente”…

Ma come potrebbe, lei ama quest’uomo. Sradicare quest’amore dall’anima come si fa con le piante putrescenti? Facile a dirsi quando il cuore non trema di sussulti al solo intendere la voce dell’amato! Lui è l’uomo. Lui, lo sposo suo.

Marianna si massaggia il collo e guarda oltre la finestra: lo vede arrivare, del tutto inconsapevole, sudato per l’ardore della caccia. Immagina l’odore del suo corpo, silvestre come i suoi occhi. E un guizzo acquoso le si agita d’improvviso nel corpo.

Agita la mano a mo’ di saluto al di qua del vetro all’uomo che avanza mostrando divertito una coppia di lepri che penzolano dalla cintura. Ora ne è certa: non lo tradirà.

In nome dell’amore, dice.



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John Everett Millais : Marianna (foto internet)


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