venerdì 10 ottobre 2008

Quando la città ideale diventa reale




Aveva cominciato Platone ne La Repubblica. Aveva continuato il maestro anonimo (oggi si dice Leon Battista Alberti) con la tavola di Urbino. Ma anche in filosofia, Tommaso Campanella e Thomas Moore s'eran dati da fare con le loro Città del Sole e Utopia.

C'era stata la megalomania di Pio II (Corsignano diventa Pienza), senza contare i progetti del Filarete, i disegni di Leonardo (resta solo la piazza di Vigevano) per una Sforzinda che doveva solleticare la vanità di Ludovico Sforza.
Erano sorte le belle Palmanova e Sabbioneta, ma tutte con scopo militardifensivistico.

Un altro affascinante esempio è - in piccolo - costituito da Prato della Valle, a Padova. I fourieristi le loro città ideali le avevano costruite negli States e un ultimo esempio è il familistero di Godin nel dipartimento dell'Ain (città-industria alla maniera di France-ville di verniana memoria). I quadri del Perugino prima e di Raffaello poi (Lo sposalizio della vergine). La cattedrale di Sibenik.

Le città mussoliniane (laziali e non) nel periodo dell'architettura e urbanistica razionalista (l'unica che nel '900 l'Italia ha "esportato") e quelle brasiliane e indiane tra il '50 e il '60.

La dolce follia solipsistica di Tommaso Buzzi a Scarzuola (Umbria).

E ne avrei da citare, ché ho tenuto un corso semestrale sull'argomento, lo scorso anno (ricordarsi di scriverci un saggio sopra).

Poi sono arrivati loro: gli avveniristi postmoderni.

E la città ideale - che raccoglie tutto il passato e si proietta verso l'avvenire - è quella di Astana nel Kazakistan (certo, taccio su Ave Maria, messa su da un pazzo in Florida, nel 2007) .







Le foto, prelevate da google (qua e là), si commentano da sé. Di che sognare.

2 commenti:

  1. Tu sei certamente fra i miei blogger ideali.. ti ho assegnato un premio nel mio blog ;-)

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