giovedì 9 ottobre 2008

Metti una sera che stai per spengere la tv...

foto prelevata dal sito www.storiadimilano.it

... E poi, con occhio distratto, capiti su France5 e vedi che - in diretta - ospite di una trasmissione che non hai MAI visto, c'è il premio Nobel 2008 per la letteratura, Jean-Marie Gustave (J.M.G) Le Clézio (foto di quando era più giovane).

Ti fermi, ti siedi. Prendi il blocchetto di post-it, perché magari dirà qualcosa che potrà colpirti più di quanto abbia fatto fino ad oggi. Infatti, Le Clézio ti è passato accanto. Hai letto poco di lui e quel che hai letto ti ha lasciato fredda. Segui per un po', lo ammiri, ma l'impressione che hai sempre avuto non cambia. Lo sai già che il suo nuovissimo Ritournelle de la faim, non lo comprerai.

Cambio di protagonista: la parola viene data a un altro scrittore, ugualmente ospite della trasmissione: Jean Echenoz. Di lui, non hai proprio letto niente.
La faccia, la sua - là per là - non ti invita ad ascoltarlo. Poi somiglia vagamente a tuo padre, in biondo.

E invece. Una frase che dice, per certo una frase banale, ti inchioda al divanetto blu: On écrit aussi pour ne pas parler (= se si scrive è anche per non parlare).

Caspita, è una frase facile da pensare e da pronunciare; perché non ti è mai venuta in mente? E lui parla, con reticenza ed emozione controllata, ma parla.
Si schermisce, fa prova di understatement (chissà se voluto). Ti passa le sue emozioni.

E a François Busnel, l'intrattenitore che gli chiede del suo incontro di giovane scrittore con Beckett, chiarisce subito che nulla si dissero, a parte un buonasera, ché era troppo intimidito. Come lo è, sans doute (= probabilmente), stasera, afferma - rispondendo a una domanda - davanti a Le Clézio, l'autore del primo romanzo che lesse a 16 anni, Le Procès-verbal (7 anni appena li dividono, ma Le Clézio è come Moravia: a 23 anni era già un Autore).

E rimembrando Zatopeck - ha scritto un libro su di lui, Courir -, Echenoz continua a tenerti seduta, ché neanche ti va di alzarti a cercare la sigaretta. Poi dice una frase che da tanto tempo pensi di dire a Bart (a proposito dei suoi racconti) e che non riusciva a materializzarsi come si deve:
(alla domanda come nascono i suoi libri?, lui dice che nascono da luoghi. Aggiungendo - traduco -) Per me, i luoghi sono molto importanti, come i personaggi. Anzi, per me talvolta i luoghi sono personaggi.

E quando parla della propria cecità nel valutare se quel che ha scritto è buono oppure no.
Ancora: je n'ai pas le sentiment de dire des choses essentielles...

Che fortuna non aver spento la tv stasera.


2 commenti:

  1. "I luoghi sono personaggi". Hai colto esattamente nel segno. Almeno per quanto mi riguarda, io li vivo e li penso così. E poi "On écrit aussi pour ne pas parler", dice tutto. Ma proprio tutto.

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