venerdì 22 agosto 2008

Paul Auster: Nella Terra delle ultime cose

photo by @rteJS - dipinto di Alice Nieri

Io l'avrei tradotto così, In the Country of Last Things, il romanzo di Paul Auster. Invece qui in Francia si è optato per Le voyage d'Anna Blume.

E' la terza volta che riprendo in mano questo libro: l'incipit è difficile, duro, pieno di muri ad angolo e anche un poco sbrecciati, di quelli che ti feriscono le mani.

E allora faccio esercizio di traduzione on line, all'impronta, per invogliare chi legge a prenderlo in mano (magari otterrò l'effetto contrario, chissà).

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"Sono le ultime cose, ha scritto lei. Una dopo l'altra svaniscono e non riappaiono mai. Posso parlarti di quelle che ho visto, di quelle che non ci sono più, ma temo di non avere tempo. Accade tutto troppo in fretta, ora, e non riesco più a seguirle.
Non mi aspetto che tu capisca. Non hai visto nulla di tutto ciò e anche se ci provassi non sapresti immaginartelo. Sono le ultime cose. Un giorno, una casa si trova qui e l'indomani è scomparsa. Una via che hai percorso ieri, oggi non c'è più. Persino il clima cambia di continuo. Un giorno di sole seguito da uno di pioggia, un giorno di neve seguito da uno di nebbia, il caldo e poi il fresco, prima il vento e poi la calma piatta, a un periodo di freddo terribile segue oggi - in pieno inverno - un pomeriggio di luce profumata, calda abbastanza per indossare appena un pulloverino. Quando si abita in città si impara a non contare su nulla. Chiudiamo gli occhi per un attimo, ci voltiamo per guardare qualche altra cosa ed ecco che quel che avevamo davanti, d'improvviso è svanito. Nulla dura, capisci, nemmeno i pensieri che ci portiamo dentro. Non ti venga in mente di perdere tempo a ricercarli: quando una cosa è andata, è per sempre.
E' così che vivo, proseguiva nella sua lettera. Non mangio quasi; appena il giusto per continuare a mettere un piede avanti all'altro, non di più. Talvolta la mia debolezza è tale che ho l'impressione che non riuscirò mai a fare il passo successivo. Ma ci riesco. Nonostante i cedimenti, continuo ad andare avanti. Dovresti vedere come me la cavo bene."
(traduzione dal francese che traduce dall'americano a mia cura)

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Ho trovato - più tardi - lo stesso incipit in traduzione italiana dall'americano (a cura di Monica Sperandini). Paul Auster, Nel paese delle ultime cose. Torino, Einaudi, 2003, 8€50.

E allora lo posto qui, a confronto.

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Queste sono le ultime cose, scriveva. A una a una scompaiono e non ritornano piú. Posso raccontarti di quelle che ho visto, di quelle che non esistono piú, ma temo di non averne il tempo. Tutto sta accadendo cosí velocemente ora, che non riesco a tenervi dietro.

Non mi aspetto che tu capisca. Non hai mai visto niente di tutto questo, e anche se ci provassi non potresti neppure immaginarlo. Queste sono le ultime cose. Una casa un giorno è li e il giorno dopo è sparita. Una strada lungo la quale solo ieri camminavi, oggi non esiste piú. Persino il tempo è in un flusso costante. Un giorno di sole seguito da un giorno di pioggia, un giorno di neve seguito da un giorno di nebbia, il caldo e poi il freddo, il vento e poi la calma, un periodo di freddo pungente e poi oggi, nel mezzo dell'inverno, un pomeriggio di luce fragrante, caldo al punto da far sudare. Quando vivi in città impari a non dare nulla per scontato. Chiudi gli occhi per un attimo, ti giri a guardare qualcos'altro e la cosa che era dinnanzi a te è sparita all'improvviso. Niente dura, vedi, neppure i pensieri dentro di te. E non devi sprecare tempo a cercarli. Quando una cosa sparisce, finisce.

Ecco come vivo, continuava la sua lettera. Mangio poco. Quel tanto che basta per tirare avanti passo dopo passo, e niente piú. Talvolta mi assale la debolezza, e sento che non riuscirò a muovere il prossimo passo. Ma me la cavo. Nonostante gli sbandamenti riesco a tirare avanti. Dovresti vedere come me la cavo bene.

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