Francesco Hayez: Venere che scherza con due colombe
(Ritratto della ballerina Charlotte Chabert, 1830)
(Ritratto della ballerina Charlotte Chabert, 1830)
Premetto che non vado pazza per l'opera di Francesco Hayez (1791-1882) in ragione di un certo idealismo stucchevole. Il famoso Bacio lo detesto, mentre evidentemente piaceva a Luchino Visconti, il quale lo tradusse nei corpi allacciati di Alida Valli e Ferley Granger (cfr. Senso).
Vidi questo quadro a Rovereto (MART), ma non lo ricordavo. L'ho rivisto a Roma, in aprile, alla Mostra (Scuderie del Quirinale*) Ottocento. Da Canova al Quarto Stato. E stavolta mi ha colpita.
Guardiamola più dappresso (consiglio di cliccare sull'immagine per ingrandirla), questa Venere callipigia.
Non c'è che dire: il corpo è stupendo. Non perfetto (ma stiamo ragionando coi "nostri" canoni): il seno oscilla tra una seconda e una terza misura (forse un 36B); il braccio destro è quasi più grande della sua esile schiena; i fianchi muliebremente sproporzionati [ma di certo migliori delle natiche - inguardabili - proposte da Gustave Courbet (clicca qui)]; le gambe sono lunghe, con polpacci da mezzofondista (da ballerina, nel suo caso) e conseguentemente caviglie non proprio sottili; i piedi faranno un 38,5 su un'altezza che - ad occhio - direi sull'1,72m.
Mi sembra di poter dire che l'immagine di Charlotte Chabert è appena ritoccata.
E veniamo al volto. Chissà com'era per davvero, visto che qui si riproduce un volto "grecoromano" (si pensi a quello dell'Artemide del Louvre o al naso della stessa Venere di Milo) con anche l'acconciatura ad hoc.
Che cosa c'è attorno al corpo eburneo? Due colombe (tra l'altro, mai viste colombe così), un paesaggio romantico che più (pre)romantico non si può (Sturm und Drang, direi).
Ma la cosa sorprendente è quel filo rosso. Bello. Bellissimo è come si adagia sui lombi della Venere lombarda.
E quel filo rosso dà valore a tutto il quadro.
Vidi questo quadro a Rovereto (MART), ma non lo ricordavo. L'ho rivisto a Roma, in aprile, alla Mostra (Scuderie del Quirinale*) Ottocento. Da Canova al Quarto Stato. E stavolta mi ha colpita.
Guardiamola più dappresso (consiglio di cliccare sull'immagine per ingrandirla), questa Venere callipigia.
Non c'è che dire: il corpo è stupendo. Non perfetto (ma stiamo ragionando coi "nostri" canoni): il seno oscilla tra una seconda e una terza misura (forse un 36B); il braccio destro è quasi più grande della sua esile schiena; i fianchi muliebremente sproporzionati [ma di certo migliori delle natiche - inguardabili - proposte da Gustave Courbet (clicca qui)]; le gambe sono lunghe, con polpacci da mezzofondista (da ballerina, nel suo caso) e conseguentemente caviglie non proprio sottili; i piedi faranno un 38,5 su un'altezza che - ad occhio - direi sull'1,72m.
Mi sembra di poter dire che l'immagine di Charlotte Chabert è appena ritoccata.
E veniamo al volto. Chissà com'era per davvero, visto che qui si riproduce un volto "grecoromano" (si pensi a quello dell'Artemide del Louvre o al naso della stessa Venere di Milo) con anche l'acconciatura ad hoc.
Che cosa c'è attorno al corpo eburneo? Due colombe (tra l'altro, mai viste colombe così), un paesaggio romantico che più (pre)romantico non si può (Sturm und Drang, direi).
Ma la cosa sorprendente è quel filo rosso. Bello. Bellissimo è come si adagia sui lombi della Venere lombarda.
E quel filo rosso dà valore a tutto il quadro.
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*Attualmente, alle Scuderie c'è la mostra sul meraviglioso Giovanni Bellini e l'anno prossimo si prevede quella sul Futurismo.
Molto interessante e molto acuta l'analisi del quadro. La leggo con sileziosa competenza. Nel senso che non aggiungo niente: il forum è frequentato anche da minori nonché da rappresentanti del gentil sesso. Gabe (autocensuratosi)
RispondiElimina:DDD
RispondiEliminabell'analisi.
RispondiEliminami ha fatto digerire un quadro ottocentesco senza urlare;)
(quella mostra mi ha mandato su tutte le furie: è la prova di quanto roma sia una città morta e decadente. una mostra sull'ottocento. mio dio)
Fiamma, ti andrebbe di raccontarmi in privato qualcosa di più? (Bart ha il mio indirizzo mailico)
RispondiEliminaSai com'è, quest'anno faccio un corso con questo titolo: "Il senso della tradizione nell'Ottocento: miti del Risorgimento, passioni letterarie e disillusioni romantiche nella pittura italiana del XIX secolo".
Sicché mi piacerebbe sentire la tua campana.
aaarrrrhhhhggghhhhh
RispondiEliminacerto, ti scrivo:)
Com'è tutto relativo: a chi è lontano, aver perduto questa mostra lascia un gran rammarico, come di un'occasione perduta.
RispondiEliminaSul giudizio sulla pittura italiana dell'Ottocento ognuno è libero di pensarla come vuole. Tuttavia l'atteggiamento a priori liquidatorio nei suoi confronti è uno dei tanti cliché culturali duri a morire. Il problema non è che i pittori italiani di quell'epoca non valessero, ma che i loro committenti o non c'erano più, o erano loro sì provinciali, ecc. L'arte stava entrando in una nuova epoca nella quale il mercato l'avrebbe fatta da padrone. I nostri artisti non avevano - non avevano più, non aveva ancora - un retroterra che li valorizzasse e li aiutasse ad andare oltre la loro iniziale vocazione. Un po' com'è successo con il cinema italiano degli ulòtimi 30 anni.
Insomma, beati coloro che hanno fatto sta passeggiata nel XIX secolo, agli altri resta il bel catalogo. Gabe
Bella, la tua osservazione, Gabe.
RispondiEliminaIn realtà, la mia analisi di brillante non aveva nulla. Nient'altro che un divertissement.
Tu che ben mi conosci, sai come sono le mie VERE analisi sui quadri.
:)))