giovedì 10 luglio 2008

Cesare Pavese che non volle essere uno wop

foto prelevata dal sito http://digilander.libero.it

Non attenderò il 9 settembre per parlare di lui.


***

Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell'estate.

***
Anche tu sei l’amore.
Sei di sangue e di terra
come gli altri. Cammini
come chi non si stacca
dalla porta di casa.
Guardi come chi attende
e non vede. Sei terra
che dolora e che tace.
Hai sussulti e stanchezze,
hai parole -cammini
in attesa. L’amore
è il tuo sangue- non altro.

***
E' riapparsa la donna dagli occhi socchiusi
e dal corpo raccolto, camminando per strada.
Ha guardato diritto tendendo la mano,
nell'immobile strada. Ogni cosa è riemersa.
Nell'immobile luce del giorno lontano
s'è spezzato il ricordo. La donna ha rialzato
la sua semplice fronte e lo sguardo d'allora
è riapparso. La mano si è tesa alla mano
e la stretta angosciosa era quella d'allora.
Ogni cosa ha ripreso i colori e la vita
allo sguardo raccolto, alla bocca socchiusa.
E' tornata l'angoscia dei giorni lontani...
(continua)

Ecco, qualche stralcio di poesia, lanciato come un pugno di riso a mezz'aria, per non dimenticare che fu anche poeta [e le poesie che ho messo erano dattiloscritte (postume o da lui rifiutate, le poesie del disamore)].


Avete mai letto i racconti che lui non riteneva degni d'esser pubblicati?
Se penso a Jettatura o a Temporale d'estate... Piccole perle .

E quell'anticipato principio di realtà che mal s'accorda con le syndrome de l'échec da cui era affetto Cesare, quel taglio del cordone ombelicale (ma l'ho visto solo io?) che Pavese crudamente e crudelmente opera ne La luna e i falò?

Le sue Langhe: foto gentilmente concessa
da
monaco obbediente
(clicca qui per vedere il suo album)


Quel suo andar per monti e valli e per paesi geografici e dell'anima, quel suo cercarsi e non trovarsi (per questo era tornato, Anguilla, da Oakland, California), perché non sono i luoghi ad esser cambiati, per davvero.

Sono scemo [...]. Da vent'anni me ne sto via e questi paesi mi aspettano. Mi ricordai la delusione ch'era stata camminare la prima volta per le strade di Genova - ci camminavo nel mezzo e cercavo un po' d'erba. C'era il porto, questo sì, c'erano le facce delle ragazze, c'erano i negozi e le banche, ma un canneto, un odor di fascina, un pezzo di vigna, dov'erano? (La Luna e i falò, 1950)

Niente era cambiato. Eppure, non ritrova se stesso, ché il mondo che lo interessa è quello perduto, seppellito sotto agli anni americani; è l'Erfahrung l'impossibile riconquista, l'unica scoperta che gli interessa trovare: Cosa avrei dato per vedere ancora il mondo con gli occhi di Cinto [...] adesso che sapevo tante cose e sapevo difendermi (ib.).
L'Erlebnis è solo uno strumento un alleato della vita sociale, nella corsa alla rivincita.

E quando gli verrà raccontato l'episodio dei falò (che aveva rimosso), Anguilla-Pavese si separerà dai luoghi senza eccessivi rimpianti, perché quello che sta per ripartire è un uomo, è un altro, è un altro uomo.

Ripeness is all.




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